La meglio gioventù: la poesia giovanile e dialettale di Pasolini

Pier Paolo Pasolini

Di DONATO DI POCE *

 

«L’azur…» peràula crota, bessola tal silensi

dal sèil. Sin a Ciasarsa, a son sèis bos, m’impensi…

. «L’azzurro…» parola nuda, sola nel silenzio del cielo.

Siamo a Casarsa, sono le sei, ri­cordo…

P.P.Pasolini

L’apprezzamento della raccolta di Gianfranco Contini:

“avevo esattamente vent’anni; (…) Chi potrà mai descrivere la mia gioia? Ho saltato e ballato per i portici di Bologna; e quanto alla soddisfazione mondana cui si può aspirare scrivendo versi, quella di quel giorno di Bologna è stata esaustiva: ormai posso benissimo farne per sempre a meno.” (Pier Paolo Pasolini, in Poesie, Garzanti, Milano, 1 ed. 1970, p.8)

Così scriveva Pasolini a proposito delle parole di Contini che gli disse che il libro gli era piaciuto ed aveva promesso di recensirlo, cosa che poi fece sul Corriere di Lugano del 24 aprile 1943. Diceva, tra l’altro: “L’odore era quello irrefutabile della poesia, in una specie inconsueta” e parlando di contenuti, faceva riferimento ” a quel centro di ascesi sul proprio corpo che fa l’equilibrio del libretto”.

La meglio gioventù, con dedica a Gianfranco Contini, esce nel 1954, come sintesi completa dell’esperienza poetica friulana, derivante dalla riorganizzazione  dei testi pubblicati in Poesie a Casarsa (1942), Dov’è la mia patria (1949) e Tal còur di un frut (1953), con l’aggiunta di poesie uscite in rivista tra il 1942 e il 1953 e di testi inediti.

La raccolta è divisa in due parti: il primo volume, con il titolo Poesie a Casarsa (1941-1953), comprende Poesie a Casarsa (1941-1943) e Suite furlana (1944-1949); il volume secondo, con il titolo Romancero (1947-1953), comprende Il Testamento Coràn (1947-1952) e Romancero (1953).

Nel 1974 Pasolini ritorna alla poesia in dialetto friulano e pubblica La Nuova gioventù Poesie friulane 1941-1974, in cui ripubblica le poesie de La Meglio gioventù del 1954 e vi aggiunge una Seconda forma de La meglio gioventù (1974). Le stesse poesie vengono riscritte, sempre in dialetto, con delle varianti.

La doppia struttura corrisponde a due temi di fondo: il rapporto con il mondo di Casarsa, (vista come il paradiso perduto), tra nostalgia e senso della perdita, e la dimensione epica del poemetto lungo e della ballata, in cui il poeta si confronta con la storia e affronta argomenti civili e sociali.

Il Poeta, sceglie di dividere in due parti la raccolta per evidenziare le differenze tematiche tra le prime poesie, di carattere autobiografico e composte nel suo periodo friulano a Casarsa, e le seconde, che descrivono l’ambiente povero del Friuli nell’immediato dopoguerra.

Si noti che anche lo stile di composizione cambia tra le due parti: nella prima prevalgono poesie brevi in terzine; mentre nella seconda il tono dei componimenti si fa più discorsivo e la struttura metrica più sperimentale. Ogni componimento presenta anche la traduzione dell’autore in italiano.

Certa critica, pur apprezzando la versatilità dimostrata dal poeta, preferisce leggere come contraddizioni inconciliabili, quelle che Pasolini si ostina a cercare di mettere insieme, connettere, in una trasversalità forse troppo avanti, che lo costrinse spesso a chiarire le sue posizioni e scelte stilistiche, Pasolini da vero Ossimoro vivente, ( L’ossimoro è l’essenza della sua poetica), voleva conciliare dialetto e lingua, cattolicesimo e marxismo, poesia e prosa, da qui le sue sperimentazioni e conflitti interiori e sfoghi che nelle interviste e nelle poesie veniva fuori inevitabilmente.

La poesia del desiderio inappagato:

Là dove tutti vedono Pasolini solo come un demolitore “Corsaro” di pregiudizi e moralismi, io scorgo un costruttore di ponti, un nostalgico fanciullo innamorato (respinto dal mondo), un uomo sino alla fine solo e incompreso, che era la sua dannazione e la sua grazia, di cui era amaramente consapevole. Ma la sua poesia già dagli esordi Friulani si presenta come da una parte la poesia del desiderio inappagabile(frustrato e colpevolizzato dalla morale cattolica) e dall’altra come la volontà di testimoniare la realtà della  Storia e costruire la nuova Storia, di esserne protagonista poetico in primis e poi nella vita quotidiana(e questo non glielo hanno mai perdonato), di consapevolezza e cambiamento.

Leggiamo questa splendida poesia:

Il nini muart

Sere imbarlumìde, tal fossal

a crès l’aghe, ‘na fèmine plène

‘a ciamìne tal ciamp.

Jo ti recuardi, Narcìs, ti vèvis il colòr

da la sère, quand li ciampànis

‘a sunin di muàrt.

*

Il fanciullo morto

Sera luminosa, nel fosso

cresce l’acqua, una donna incinta

cammina per il campo.

Io ti ricordo , Narciso, avevi il colore

della sera, quando le campane

suonano a morto.

Perché la scelta del dialetto?

Viene da chiedersi: perché la scelta del dialetto? In proposito Pasolini disse “L’idioma friulano di queste poesia non è quello genuino, ma quello dolcemente intriso di veneto che si parla nella sponda destra del Tagliamento; inoltre non poche sono le violenze che gli ho usato per costringerlo a un metro e a una dizione poetica” (in Nota a Poesie a Casarsa in Bestemmia Tutte le poesie, Garzanti, p.1221).

Tale era il desiderio di integrazione nel quotidiano e nostalgia di Casarsa, che nel 1945, Pasolini aveva fondato  l’Academiuta di lenga furlana, che raccoglieva un piccolo gruppo di poeti i cui princìpi fondatori erano “friulanità assoluta,  tradizione romanza, influenza delle letterature contemporanee, libertà, fantasia.

Pasolini come poeta, aveva còlto nel dialetto Friulano, da una parte la brevità metrica, e dall’altra la narrativa pluristrofica, che saranno la fonte primaria del suo sperimentalismo(memoria fonica in poesia) e plurilinguismo(pastiche tra lingua e dialetto romanesco nei suoi romanzi).

Come critico letterario si era fatto notare prima recensendo l’Antologia dell’Academiuta di lenga furlana, “Lo Stroligut”, dove oltre a polemizzare contro la poesia dialettale ritardataria e sentimentale, presenta varie traduzione di autori vari dei più importanti poeti delle moderne lingue romanze ( Mallarmè, Valery, Larbaud, Jimenez) e lui traduce in friulano Ungaretti.

Non si era fatto mancare una tranquilla polemica sullo Zorutti (persistere di una mediocre retorica sentimentale) e poi  con il saggio “Sulla poesia dialettale” pubblicato nel 1947 su “Poesia”VIII ( ora in Saggi sulla letteratura e sull’Arte, Mondadori, tomo I, pag. 244-264), dove motiva la sua polemica sul “vernacolismo”, centra l’interscambio tra lingua e dialetto in Pascoli, elabora la sua teoria di poesia dialettale come antidialetto, sottolineando Contini, elogia il poeta dialettale Giotti (come la purificazione di certo Saba) e ci regala due postille su Di Giacomo e Tessa.

Nel 1993, per l’editore Campanotto di Udine, uscì il libro La meglio gioventù di Pasolini, in cui l’autore Giuseppe Mariuz raccolse le testimonianze  di quanti avevano frequentato Pasolini in Friuli durante la guerra e l’immediato dopoguerra, come allievi, come amici o come compagni di lotta politica. Ne esce un mosaico di voci semplici e autentiche che, a distanza di tanti anni, ricorda ancora con ammirazione e affetto la figura del maestro Pier Paolo e l’influenza che ha avuto per la propria crescita umana e culturale.

Riportiamo due citazioni dal libro: Walter Biarzatti:

”…Aveva tanta umanità e disponibilità. È lui che al pomeriggio, dopo scuola, ci ha insegnato a giocare al pallone, in particolare il doppio passo alla Biavati. Aveva ampia visione di gioco ed era velocissimo all’ala. Siamo andati con la nostra squadra in bicicletta, in fila indiana, a giocare a Sacile e anche al don Bosco di Pordenone; al ritorno, ai Tortiglioni di Casarsa, ha pagato di tasca propria il gelato a tutti noi. Era contrario ai giocattoli comperati, preferiva che prendessimo un cartone o una tavola e ci applicassimo due ruote di legno, per sfruttare la fantasia, se no, lo diceva lui, si diventa idioti”

e quella di Marianna Leonarduzzi:

“…Ci rimangono quei due anni completi (1947-49), un’esperienza indimenticabile, ricordi bellissimi. Per noi, fondamentalmente, era il professor Pasolini, con tutto il suo bagaglio di cultura. Lo ricordo ancora quando arrivò, in bicicletta e con i pantaloni alla zuava: era giovane e asciutto.”.

Il tema del fanciullo e la rozzezza onomatopeica del dialetto:

Pasolini era affascinato dalla rozzezza onomatopeica del dialetto, dalla sua forza arcaica che gli ricordava le asprezze del paesaggio, la vastità dell’azzurro del cielo, la festosità dei ragazzi a sera. Leggiamo la poesia simbolo di questo amore Lengàs dai frus di sera (Linguaggio dei fanciulli di sera). :

Poesia. Lengàs dai frus di sera (Linguaggio dei fanciulli di sera).

“Na greva viola viva a savarièa vuei Vinars…”

(No, tas, sin a Ciasarsa: jot li ciasis e i tìnars

lens ch’a trimin tal rìul.) “Na viola a savarièa…”

(Se i sìntiu? a son li sèis; un aunàr al si plea

sot na vampa di aria.) “Na viola a vif bessola…”

Na viola: la me muàrt? Sintànsi cà parsora

di na sofa e pensan. “Na viola, ahi, a cianta…”

Chej sìgus di sinisa i sint sot chista planta,

strinzimmi cuntra il stomi massa vif il vistìt.

“Dispeàda la viola par dut il mond a rit…”

A è ora ch’i recuardi chej sigus ch’a revochin

da I’orizont azùr c’un sunsùr ch’al mi inciòca.

«L’azur…» peràula crota, bessola tal silensi

dal sèil. Sin a Ciasarsa, a son sèis bos, m’impensi…

Traduzione: «Una greve viola viva vaneggia oggi venerdì…» (No, taci, siamo a Casarsa: guarda le case e i teneri alberi che tremano sul fosso.) «Una viola vaneggia…» (Cosa sento? Sono le sei: un ontano si piega sotto una vampata d’aria.) «Una viola vive sola…» Una viola: la mia morte? Sediamoci sopra una zolla e pensiamo. «Una viola, ahi, canta…» Sento quei gridi di cenere sotto questo filare, stringendomi contro il petto troppo vivo il vestito. “Sciolta la viola per tutto il mondo ride…». È ora che ricordi quei gridi che si ingorgano, dall’orizzonte azzurro, con un brusio che mi ubriaca. «L’azzurro…» parola nuda, sola nel silenzio del cielo. Siamo a Casarsa, sono le sei, ricordo…”

Da notare la parola “Azzurro”,  Una parola chiave in Pasolini, come lo saranno in seguito le parole cometa Cristo, Madre, Vita, Sole, Cuore, Cielo, Amore, Dolore, Storia. Azzurro è l’ultima parola che il  poeta sente e ci fa vedere in questa splendida chiusa della poesia. Sembrano comunque evidenti i due poli su cui si fonda la poesia dialettale giovanile di Pasolini: Il sesso e il popolo, temi che sottotraccia o espliciti, allegorici o buttati nell’arena linguistica, Pasolini affronterà sino alla fine della sua vita in tutte le opere.

Un altro bellissimo testo sull’argomento, da ricordare è un testo dal titolo “Il Friuli”, trasmesso alla RAI 8 Aprile 1953( ora in Saggi sulla letteratura e sull’Arte, Mondadori, tomo I, pag. 458-471). Pasolini traccia un ritratto paesaggistico del Friuli inframmezzato da citazioni poetica in dialetto .

Non bisogna poi dimenticare che Pasolini, insieme a Dell’Arco, aveva curato per Guanda la splendida e storica Antologia della poesia dialettale del ‘900. Poesia dialettale del Novecento è un importante studio critico di Pasolini, coadiuvato da Mario Dall’Arco, sulle espressioni della moderna poesia dialettale italiana, rivendicata alla pari dignità di quella in lingua. Ne costituisce il nucleo centrale un’antologia di testi con traduzione italiana a pie’ di pagina, organizzati secondo un percorso geografico dal «Reame» del  Sud al Nord, fino al culmine dell’esperienza dei poeti friulani dell’ “Academiuta di lenga furlana”.

L’Antologia propone un periplo di proposte che mette in luce il meglio,(tre su tutti Noventa, Giotti e Marin) nascosto sin ad allora della poesia dialettale Italiana, da Napoli (Di Giacomo, Galdieri, Russo, Viviani), alla Sicilia (Guglielmino, Vann’antò); dalla Sardegna (Salvatore Casu) alla Calabria (Michele Pane); da Roma (Cesare Pascarella, Trilussa, Dell’Arco) a Milano (Tessa, Gambirasio); dal Piemonte (Nino Costa, Pinin Pacot) alla Liguria (Edoardo Firpo, Acquarone); dall’Emilia Romagna (Testoni, Pezzani, Guerra) alle Venezie (Noventa, Virgilio Giotti, Biagio Marin, E. Ferdinando Palmieri) al Friuli (Argeo, Pasolini, Franco Di Gironcoli, Naldini).

Pasolini nell’introduzione pone particolare attenzione allo schema di Gianfranco Contini fondato sull’opposizione, nella storia della letteratura italiana, tra un plurilinguismo di modello dantesco e un monolinguismo di modello petrarchesco. Fondamentale resta l’ampio saggio introduttivo, poi ripubblicato con pochi ritocchi come Studio panoramico nel volume Passione e ideologia, edito da Garzanti nel 1960.

In un altro libro “VOLGAR’ ELOQUIO, (testo apparso prima nel 1976 a cura di Antonio Piromalli e Domenico Scafoglio per le edizioni Athena di Napoli, e poi presso Editori Riuniti nel, 1987 con introduzione di Gian Carlo Ferretti) che riprende un dialogo fatto da Pasolini a Lecce il 21 ottobre del 1975, presso il Liceo Classico Palmieri, quindi un paio di settimane prima della sua morte, con studenti e professori, parla dell’innocenza dei ragazzi, del genocidio culturale e  della mutazione antropologica(che diverranno l’ossessione delle Lettere Luterane) dell’innocenza, della purezza del suono(lalia) che si salvano e ci salvano dentro l’orrore.

In una delle risposte, il poeta ad un certo punto dice: “…il vero problema di oggi non è tanto il fatto che ci sia un pluralismo linguistico e culturale, il vero problema di oggi è che questo pluralismo linguistico tende ad essere distrutto e omologato attraverso quel genocidio di cui parla Marx e che viene compiuto dalla civiltà consumistica che ha un grande strumento di diffusione che è la tv (…)”.

Pasolini a un certo punto legge alcuni stralci inediti della poesia che poi pubblicherà nel monologo teatrale BESTIA DA STILE. Il testo contiene alcune citazioni di Ezra Pound e la struttura dei Cantos che Pasolini imita:

 “Il volgar’eloquio: amalo. / porgi orecchio, benevolo e fonologico, / alla lalìa («che ur a in!») / che sorge dal profondo dei meriggi, / tra siepi asciutte, / nei Mercati – nei Fori Boari – /nelle Stazioni – tra Fienili e Chiese – / poi si spegne – e col sospiro / d’un universo erboso – si riaccenderà / verso la fine dei crepuscoli. / Su tal lalìa chinati come sacerdote sulla Castalìa / tra le api che si abbeverano, laboriose.”

Poi Pasolini stesso spiega: “…il protagonista del monologo che si chiama Bestia da Stile, si rivolge a un giovane fascista, suggerendo a lui quale dovrebbe essere la funzione di una vera destra ”sublime” che non esiste…” E questa citazione credo sia alla base del tentativo della destra fascista Italiana di accaparrarsi l’eredità culturale sia di Pasolini che di Ezra Pound.

Nel monologo c’è soprattutto l’elogio dei dialetti, e l’auspicio a un recupero di valori da non lasciare in mano ai fascisti e alla piovra del consumismo.

 

Conclusioni:

  • Pasolini rivela e svela al mondo letterario la poesia neodialettale Italiana(sue le scoperte di Giotti, Marin e Noventa)
  • Il dialetto per Pasolini era la lingua della melodia della làlia, dell’incanto perduto
  • Pasolini inizia con la poesia e finisce con la poesia.
  • Pasolini cita Pasolini (non solo come in alcuni casi Autorecensendosi) ma come nella poesia dialettate, Autotraducendosi.
  • Pasolini coglie nel dialetto una matrice plurilinguistica che lo proietta a scandagliare tutti gli aspetti del reale, sua vera ossessione sia linguistica che cinematografica e letteraria. (Pasolini definì -poema- il suo romanzo inedito Petrolio).

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* Il testo è inserito nel libro inedito di Donato Di Poce “L’Ossimoro vivente: Saggi su Pier Paolo Pasolini.”

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Bibliografia essenziale sulla poesia dialettale di Pasolini:

 

– La nuova gioventù. Poesie friulane 1941-1974, Einaudi, Torino, 1975

– Pasolini e la poesia dialettale, Curatore: G. Borghello, A. Felice, Editore: Marsilio, Collana: Pasolini. Ricerche

Anno edizione: 2014, In commercio dal: 9 gennaio 2015, Pagine: VIII-189 p., Brossura, EAN: 9788831720496

– Saggi sulla letteratura e sull’Arte, Mondadori, tomo I. Mondadori, 1999.

-La poesia dialettale del ‘900 in Passione e Ideologia, Garzanti, Gennaio, 1977.

-P.P.Pasolini, Volgar Elequio, a cura di Gian Carlo Ferretti, Editori Riuniti, 1987.

– Tesi di Laurea: Pier Paolo Pasolini e la lingua della modernità, Maria Teresa Venturi, Firenze, (2015-2018), pagg. 65-69.

– G. Mariuz, ” La meglio gioventù di Pasolini”, Campanotto, Udine 1993.

-Pier Paolo Pasolini, Besti da Stile, a cura di Pasquale Voza, Edizioni Palomar, 2005.

– Poesia dialettale del Novecento, a cura di Mario dell’Arco e Pier Paolo Pasolini, introduzione di Pasolini, collezione La Fenice n.21, Guanda, Parma, 1952; nuova edizione, prefazione di Giovanni Tesio, collana Gli struzzi, Einaudi, Torino, 1995, ISBN 978-88-061-3711-3.

Canzoniere italiano. Antologia della poesia popolare, a cura di Pier Paolo Pasolini, collezione La Fenice, Guanda, Parma, 1955, II ed. 1975; nuova edizione, 2 voll., collezione I Garzanti n.400-401, Garzanti, Milano, I ed. ottobre 1972; collana Gli Elefanti Poesia, Garzanti, I ed. 1992 – II ed. 2006; prefazione di Alberto Mario Cirese, collana Elefanti bestseller, Garzanti, 2019, ISBN 978-88-116-0649-9.

 

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