Alla scoperta dello Stilnovismo con Donato Pirovano e Sonia Caporossi

Di VINCENZO GUARRACINO
Una locuzione, quella di “Dolce stil novo”, entrata nella storiografia e nell’uso comune a partire da Francesco De Sanctis (1870) e che oggi continua a riscuotere l’interesse non solo della scuola e degli studiosi ma anche di divulgatori d’eccellenza.
Ma che cosa è precisamente nell’accezione comune?
Un “novo” stile, una maniera cioè diversa di far poesia, che ha la sua peculiarità nella “dolcezza”, ossia nella soavità e trasparenza dell’espressione: è questo il senso del cosiddetto “dolce stil novo”, definizione entro cui si comprende un manipolo di poeti (da Guido Guinizzelli, a Guido Cavalcanti, e via via, Lapo Gianni, Cino da Pistoia, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi), che, assieme a Dante, punta di diamante del gruppo ma anche suo liquidatore, si impone sulle scene letterarie della seconda metà del ‘200.
Parlano di aristocrazia spirituale, di “nobiltà” (d’animo), di Amore come battaglia, usano metafore naturali (rose, gigli, stelle), similitudini suggestive e memorabili (la Donna come un “Angelo”).
Sembra il manifesto di una “scuola”, ma scuola non è, perché mai costituitasi come tale benché destinata ad affermarsi quasi vichianamente con urgenza di canone. Semplicemente, una maniera diversa di intendere cose antiche, il gusto di una generazione che, questo sì, di fronte alla tradizione si pone con spirito “nuovo”, con baldanza di “intelletto”.
Molte cose li fanno simili e diversi: verso antecedenti (i rimatori siciliani) e contemporanei (i cosiddetti siculo-toscani), ma anche tra loro stessi. Ma su due punti sono assolutamente concordi e coerenti: sulla centralità dell’Amore e sulla necessità di uno “stile” per dirlo.
Per tutti, l’Amore e la Donna (dal latino Domina, ossia Signora e Padrona) sono essenziali moventi di vita e poesia, necessari non meno di uno “stile” aderente al sentire più profondo. Da qui, un’ampia casistica di effetti, un’elaborata orchestrazione lessicale, metrica e retorica, per “significare” un’esperienza unica, con rigore e insieme passione, per un pubblico colto ed eticamente omogeneo.
Posta in bocca da Dante a Bonagiunta Orbicciani (Purgatorio, c.XXIV), uno che in vita questa “novità” più di altri l’aveva bollata come “dissimiglianza”, come sottigliezza intellettualistica (si veda il celebre sonetto “Voi che’avete mutato la mainera”), la formula è il riconoscimento di una “diversità” (generazionale e intellettuale) con l’agro sapore di postuma ammenda.
Smesso qui ogni astioso fraintendimento, di fronte all’orgogliosa autopresentazione di Dante (“un, che quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch’e’ ditta dentro vo significando”), il poeta riconosce all’Alighieri e ai suoi amici la loro fedeltà a “significare” sulla scorta del “dittatore” Amore.
Schematiche notazioni, certo, ma sufficienti a risvegliare nei più l’interesse verso un movimento come lo Stilnovo di complessa catalogazione, oltre che di controversa fortuna critica ed editoriale.
Si diceva di studiosi e divulgatori d’eccezione: precisamente mi riferivo, per i primi, a Donato Pirovano, docente di filologia italiana all’Università di Torino, con i suoi Poeti del Dolce stil novo (Salerno Ed., 2012) e per i secondi a Sonia Caporossi, autrice di un’agile, recente antologia dei poeti del “movimento”.
Se del primo, dall’alto della sua autorevolezza anche accademica, non è qui la sede per parlarne, è sulla seconda che vorrei soffermarmi.
Perché l’antologia, dal titolo quanto mai significativo, La gentilezza dell’Angelo (Viaggio antologico nello stilnovismo), approntata per l’editore milanese Marco Saya da Sonia Caporossi, duttile e versatile autrice (docente, poeta e critico letterario, che si occupa di estetica e filosofia del linguaggio), ha il pregio di restituire identità e consistenza al “gruppo” con linguaggio e impostazione quanto mai chiara e divulgativa: non solo infatti ci offre una ricca raccolta dei testi ma tutti li correda di preziosi commenti e introduzioni e alla fine aggiunge anche una “Breve storia della metrica stilnovistica”. Un’opera meritoria e fondamentale, davvero, per giunta in raffinata veste grafica, arricchita com’è da un ritratto, in copertina, della Sybilla Palmifera di Dante Gabriel Rossetti: un momento editorialmente importante, destinato a segnare una tappa significativa nella storia critica del movimento.

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