Alessandra Carnaroli, “Ex Voto” (Oedipus 2018): nota critica di Sonia Caporossi e cinque estratti

Alessandra Carnaroli e Sonia Caporossi

 

Di SONIA CAPOROSSI *

Ex Voto di Alessandra Carnaroli rappresenta un punto di tensione radiante di ciò che potremmo definire pacificamente, quanto a stile, minimalismo poetico, mentre invece, quanto al contenuto, il libro dà libero sfogo al raggrumo denso e rappreso di un argomento talmente complesso da trattare da risultare quasi impedente per una parola poetica liricamente intesa: l’agonia della malattia in un letto d’ospedale, fenomenologizzata in tutte le sue infinite evenienze stocastiche, in una sorta di elencatio cerea e dimessa di occorrenze nosocomiche descritte nella loro immediata e sconfortante datità, senza ulteriori filtri o premure estetiche se non una versificazione anch’essa immediata e matericamente grezza, diretta, completamente desacralizzata dal vestimento sindonico del rispetto del dolore. Non c’è infatti la minima percezione di una qualche possibilità di trascendenza o di salvazione nel sacro così come non si avverte alcun segno di cristificazione per questa lista di soggetti sofferenti costretti al letto d’ospedale, nella coacta abiezione del morbo terminale e nel rischio della perdita della propria dignità, condizione di umanità assoluta di cui nel libro nemmeno si parla. Anzi, l’umanità la si ignora volutamente in direzione di una precisa volontà: quella di mostrare, senza la minima retrostanza etica o morale, l’orrore puro, la pura atrocità del morbo, priva di filtri e di mezze misure.

La poesia di Carnaroli interpreta la malattia nel puro atto tragico-grottesco del disfacimento fisico e morale, senza alcun tentativo di recupero salvifico della materia poetica prescelta da parte della poesia stessa, ormai completamente sfrondata da qualsiasi aura alla Walter Benjamin, come anche del proprio abituale compito civile, pedagogico ed etico. La morale che emerge dal cinismo versificatorio della Carnaroli viene così a delinearsi in verità come una sorta di antimorale, di annullamento o raggiungimento del grado zero della pietà e dell’humanitas, laddove la compassione si “toglie” hegelianamente e si cambia di segno, raggelandosi in un antidescrittivismo dialogato, in cui figure spaesate e spaesanti di malati, moribondi, figlie figli mariti padri madri parenti di ogni sorta ed estrazione si rimpallano l’un l’altro la sofferenza in una visionarietà stralunata ed oppressiva, affondando le zanne dello humour noir più surreale e bretoniano nella pasta materica informe della decadenza e della morte incombente. L’atmosfera asfittica e dark cabaret che ne deriva assume intensità elevate di disagio, smascherando a sua volta le convenzioni sociali che vigono in materia di dolore e malattia, prima fra tutte quella in base alla quale, non si sa bene per quale assunto morale o legge precostituita, non si dovrebbe mai sorridere o sghignazzare del dolore o della morte, ancorché artisticamente o poeticamente rappresentate.

*

Ci resta difficile immaginare
che ne so una badante
“signor schianto
la faccia tutta qui
la rima ne faccia
tanta tanta”

Ci resta difficile immaginare
cartelle cliniche e prognosi
negative
esami rettali esami fecali un bravo
gastroenterologo se ne accorge sempre
colonscopie come scritte
sui muri ma dentro e quindi contrarie
però simpatiche
Dio delle Cinecittà e delle Invalidità
permanenti avevi già il sacchetto
comunque
per quando ti scappava forte

*

Vado a comprarti la pappa in farmacia
mammina
che sei tornata
bambina
dalla mia pancia
solo
uno sforzo
per girarti
sul fianco:
è una questione di
addominali
pure
l’amore
figliale
la camicia da notte
leggera
lascia vedere
quello che c’è sotto:
due tettine
secche
due ghiandoline
come giuggiole
potrei
trovarti
il cuore
ad occhio
nudo

ma farebbe troppo male
da guardare
tipo
eclissi
solare

*

Febbre alta petecchie
mio bimbo soli 22 mesi
no era vaccinato

Ma gli ho dato tanta papaya
come giovanni paolo II e semi
e bacche

Ora i dottori provano
a salvarlo con il
respiratore

preghiamo per il tuo cucciolo
sarà stato un immigrato
che ha portato il batterio
con le banane

Volevo allattarlo fino ai
due anni per dargli
più protezione
dai miei anticorpi
100% vegani

*

Era candeggina non
era succo
dio signore nostro
portami via prima tu
dei caramba

Bevitelo tutto di
un sorso
ho detto
anche se picca
come l’acqua
frizzante

Mammina

ha fatto in tempo a uscirgli
dalla bocca come un rutto
già aveva tutta
la gola riccia

*

Piove

dove avevi
bagnato

E adesso siedi
accanto a dio nostro
padre

Doneremo il
respiratore
all’ospedale

I super pannoloni
agli anziani

Non ci resta che cambiare
la fiat doblò
per handicappati

con una mini

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* Nota critica di Sonia Caporossi letta l’11 Maggio 2018 a Bologna in occasione della serata finale del Premio Bologna in Lettere –  Dislivelli – IV edizione 2018.

 

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