Giovanni Baldaccini, “La notte delle indulgenze” (Inedito)

Di GIOVANNI BALDACCINI*


Il mondo è finito a metà degli anni ’60, quando è esploso il macello: io mi sono fermato lì.
E’ finito negli anni ’60, a metà, quando guidavo una Dauphine con una pietra nel cofano per appesantirla altrimenti volava e mi piacevano le donne e il pallone. E’ finito quando Montale e Pasolini hanno smesso di scrivere liriche perché era finito l’infinito e gli Italiani avevano trasferito i loro sogni nel reale, perché era finita “Lascia o raddoppia”, senza accorgersi che si trattava di incubi, ma li si poteva perdonare (si era usciti da poco da una dittatura e da una guerra e tutti avevano una gran voglia di dimenticare, anche sé stessi). Io intanto mi rimettevo dai miei traumi: abitavo in Via Dei Savorelli dopo essere stato per vent’anni in Prati, e garantisco che non è semplice compiere senza danni un passaggio simile (credo di pagarne conseguenze ancora oggi). Dunque era finito tutto quello che era finito ed erano cominciate le indulgenze, indulgenze che durano tuttora perché siamo indulgenti e la notte è fonda.
Era così cominciata la creazione del debito pubblico per dare corpo e sostanza a scelte industriali suicide, vista la conformazione e le vocazioni naturali del paese, ma l’avvocato aveva le sue esigenze e la DC doveva promettere lavoro per coprire tutto il resto che non dava e prendeva per sé, mentre i nostalgici (leggi monarchici e fascisti) andavano messi a tacere con lo splendore rifulgente della Prima inenarrabile Repubblica.
Dunque ci si indebitava, salvo le domeniche austere perché non c’erano i soldi per rifornirsi di petrolio e si sfornavano automobilette sempre più piccole per avere sempre meno bisogno di benzina per permetterci di andare tutti al mare, in un’immagine di famiglia felicemente assopita che, se ci penso, ancora oggi mi fa rabbrividire. Ci si indebitava per fare fabbriche che scomparivano ed andare al mare senza benzina, con un’inflazione sopra il 20% e diverse svalutazioni monetarie, ma il mare non lo sapeva. Adesso abbiamo altri mezzi di assopimento, molto più penetranti ed efficaci, ma si sa, il progresso è progresso e il nulla progredisce annullando.
Intanto i democristiani andavano a messa tutte le mattine e si riunivano in conventions monasteriali dove escogitare forme di devastazione senza farsene accorgere. I socialisti continuavano la lunga epoca di devastazione che li avrebbe portati fino a Craxi, i comunisti si devastavano nel disfacimento generale e l’Unione delle Repubbliche Sovietiche sorvegliava il devastabile sorvegliando che noi non sorvegliassimo troppo, mentre ci sorvegliava accuratamente come in Germania est che a sua volta si sorvegliava da sola. Se qualcuno non voleva farsi sorvegliare veniva invaso. E ti saluto Praga.
Da parte loro gli Americani studiavano il modo di intraprendere qualche nuova guerra, magari intervenendo quando era prossima a finire e fregarsi quel poco di riserve auree che ci avevano lasciato, ma scoprivano a loro volta con orrore che le streghe esistevano davvero ed instauravano una lunga caccia per sostituire l’Inquisizione che intanto, in Europa, aveva fatto la fine che aveva fatto, ma a Galileo ancora non gli avevano chiesto scusa. (A proposito, le streghe si cacciano anche oggi, solo che hanno la pelle scura). Poi capirono una cosa fondamentale: all’Avana si gioca e si balla e le cubane non sono streghe mentre i cubani sì, soprattutto quelli con la barba.
Pensarono anche che le streghe stavano nella jungla ma se ne tornarono a casa perché erano gialle e si confondevano con le foglie. Dopo averci pensato un po’ popolarono di streghe il deserto.
Stregati, si stregarono. Adesso dicono di aver subito molestie. Si sentono tutti molestati, molestate e molestatori. Quanto al loro presidente, mi molesta. Io giravo in Dauphine, annusavo, palpavo, scalciavo, in attesa di rinchiudermi in un contenitore apposito, fatto di libri e letture, perché la lettura del mondo mi suggeriva di evitare di leggere (il mondo) e mi concentravo nel leggere altri guai.
Giravo in Dauphine e andavo al cinema, ma mio nonno era morto e mi toccava andarci da solo. I miei amici di allora, infatti, erano dei periferici isolati interessati soltanto a giocare a biliardino e neppure sospettavano che esistesse una cosa chiamata cinema. Io non ero Pasolini e li chiusi fuori di casa ben presto. E dal cinema.
Dunque stavo da solo. Rimuginavo sulle crisi di pensiero che affliggevano un po’ qui e un po’ lì il resto delle terre emerse, dato che Sartre se ne era andato ed anche Céline, ma il viaggio al termine della notte non finiva mai.
Era indulgente la notte e dispensava indulgenze, purché non indulgessimo a pensare, cosa che facevamo con la massima applicazione. Tra l’altro, non è vero che il Papa Re era stato destituito da un pezzo e nemmeno il duce.
Eravamo stati avvisati che il tempo ritorna e l’oltre-uomo è generalmente bassotto e pelato, ma non volevamo saperlo e così c’era sempre chi pensava per noi. Il guaio è che pensava il modo di metterci sempre di più nei guai, spacciandoceli per cose desiderabili (già, si cominciava a spacciare) e così hanno inventato la TV a colori e la rete. Quanto ai pesci, non mancavano.
Liberi da intralci letterari per estinzione naturale, si è cominciato a scrivere di fatti e di fatti ce n’erano quanti ne vuoi (ne accadono fattivamente ogni giorno) solo che i fatti (per loro natura) non hanno un significato che vada oltre l’attualità e dei fatti scrivevano chi dei fatti si occupa (i giornalisti) che come è noto non sanno scrivere che di fatti. Quanto al significato, resta loro precluso.
Ogni tanto tornavo in Via Fabio Massimo per assicurarmi di esistere, ma la vedevo cambiare. Sparivano le librerie e i cinema, sparivano le signore con la veletta e i signori con il cappello, sparivano le teste. Nessuno mi salutava più e io non avevo nessuno da salutare. Non potevo neppure entrare nel portone del mio vecchio palazzo per annusarne le scale perché il portiere era morto e avevano messo un doppio cancello di cui non avevo la chiave.
Nostalgicamente, leggevo i nomi sul citofono (altra novità), ma anche quelli erano cambiati. E non c’era più l’armeria, il carbonaio, il negozio di vini e oli e, soprattutto, la mia vecchia cartoleria, che amavo sopra ogni cosa, fonte per me di delizie a portata di mano (leggi penne, astucci, matite colorate, pile di carta, libri). A volte non sapevo neppure se c’ero ancora io e se il mio sospetto esserci significava ancora qualche cosa.
Persa la possibilità di significare, tutto volgeva al termine e la notte infittisce. Al termine volgeva, ma non finisce mai. E così, tra una perdita e l’altra, chi ha tentato una sintesi storica che nemmeno Marx è finito ammazzato con la benedizione dei padri fondatori e la rivoluzione bianca si è compiuta a metà e chi doveva arrestare i ladri a un certo punto ha deciso di sostituirli mettendosi in proprio, col beneplacito dei superstiti che sapevano di poter, prima o poi, riprendere a rubare.
Intanto i democristiani scomparivano, i comunisti scomparivano, i socialisti scomparivano e tutto ritornava uguale sotto mentite spoglie (Berlusconi prima, Renzi poi), noi compresi, mentre il muro di Berlino era effettivamente caduto, ma se ne costruivano altri.
Ai Cinque Stelle manca qualche altra stella e un po’ di strisce per appartenere di diritto al nulla, ma sperano nella possibilità di governare per colmare la distanza. Non sanno che quel diritto lo hanno già, per natura, ma non fa niente. Loro non sanno niente.
Doblin se ne era andato al creatore per starsene ancora un po’ con i suoi personaggi ed avere almeno un’ora d’aria e Schmidt lo aveva sostituito nel macello generale di personaggi e persone che continuavano a cadere in una sospensione che sospende anche la morte. Roth era morto da un pezzo, col suo mondo.
Anche la mia Dauphine era sparita ed io mi aggiravo coi fantasmi della mia fantasia ma non avevo un castello. Questo non mi permetteva di rievocare un padre _ dunque di vendicarmi _ né di aggirarmi intorno a mura fittizie da penetrare _ non mi avevano dato la licenza di agrimensore _ e questo mi confermava nella convinzione che il nulla non si penetra, caso mai il contrario.
Nullificato, sospendevo la notte, che però continuava ad aggirarsi mondo a mondo, anche nel virtuale, dove è impossibile riconoscerla come tale e catturarla, a meno di ricorrere ad algoritmi appropriati con l’effetto di rafforzarne l’efficacia. Per questo hanno inventato i telefonini.
Negli anni ’60 ci eravamo arrangiati in qualche modo costruendo dal nulla un nuovo “romanico”. L’Impero era caduto (gli Imperi cadono sempre), ma avevamo superato l’ennesimo medio evo, almeno ci sembrava. Non è così. L’Impero cade di nuovo, senza nulla di sacro. Cade un Romano Impero senza Roma e cade quel minimo di senso che persino un Impero porta con sé. Si prepara un nuovo medio evo con tutte le conseguenze del caso: tra queste, il rifiorire di un feudalesimo di pochi _ tra l’altro mai davvero scomparso.
D’altra parte, gli Imperi cadono sempre: c’è chi si diverte a ricostruirli. D’altronde, il potere è un fatto eventuale: Trump, Gengis Kahn, Iddio. Sarà notte, come la notte è. Non so se saremo di nuovo capaci di ricostruire monasteri per custodia di libri e un nuovo romanico. Dipende da chi maneggerà le macerie di un senso da reinventare e della nostra dissolta cultura.
Me ne andavo pertanto. Qualcuno si chiederà: dove? Vuol dire che non ha capito nulla, il che è perfettamente intonato alla condizione generale.
Tra poco andremo a votare: che Dio vi benedica.

* Dalla raccolta inedita Per giorni eventuali. Pensieri e delusioni.

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