
Di MARCO SCARPA
Pubblichiamo col permesso dell’Autore sette poesie di Marco Scarpa tratte dalla sua raccolta Mac(‘)ero, edita da Raffaelli Editore nel marzo del 2012.
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… si direbbe un moto ondoso, un vagito
trattenuto, di cenere un cumulo
svanito con un soffio, spalmato
su più terra di quella calpestata.
Si direbbe sia sano dubitare con acume.
Poi piani, terrazze,
stenti a divergere, spazi
in memoria d’altri spazi. Poi
rimane il detto, si sarebbe dovuto
e il dovere ritomba la colpa
dei sensi, la più disgraziata.
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Crescere, farsi uomo, realizzarsi
ha qualcosa a che fare con la forma
grezza, da limare, raschiando i detriti
spogliando l’ammasso con mani operose.
Costruirsi lentamente, levare l’involucro
volutamente togliere e ritrovarsi scarni
essenziali, alla deriva, corpi-continenti
che negli anni si staccano generando altezze.
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Nel resto, nel rimasto
Nel resto, gli avanzi spuri
spiccioli, perché nel dato
trabocca l’eccesso, il troppo
e viene dato indietro, così
per troppo amore torna
l’estasi nel guscio, così le dita
ben oltre la mano, in presa
senza appigli.
Nel rimasto, il mai tolto
ciò che mai si è spostato
uscito invano
al di fuori del posto, così
per poco amore indugia
il cuore al tracollo, così le arterie
nell’abbaglio inaridiscono
cieche tra cavilli.
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Grovigli
Sogno o m’inabisso
pulisco peripezie, spezzo
sottrazioni scolastiche, composto
spremo la sagoma, questo grumo
incistato, squaderno i rivoli,
le volte, sondo gli spazi,
i bordi, capitelli sparsi e indugio
confuso, tra ristretti marciapiedi,
orli, tra i pezzi, le scaglie,
il rimasto sopra, dopo
la fine del pasto, il consumato
non del tutto, le parole pure
confuse in altro sentire,
in un parlare oltre il vissuto. La pena
il suo significato scrutato a lungo
troppo e senza resa e senza meta.
***
Sotto vuoto
Resterà la mano, la carezza sulla fronte
il gesto scolpito, sbiadita la frase
tutte le lettere con la testa abbassata,
resteranno le falangi, il toccare calmo
a scostare il tempo, resterà nella forma
qualcosa del tatto.
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Sagomare la parte malata, la fascia
di taglio, passare al setaccio le zolle
le zone grigie, occuparsi dei buchi
nel terreno, riempire l’incavo dei giorni,
disfare i luoghi, le vesti facendosi madre
svezzare un paesaggio senza spine.
“Che non sia nocivo, dove i piedi si sentano radici,
le orme segnali per orientarsi, le voci antenne
preghiere fidate, misure chiare per tracciare un percorso,
sottrarsi all’ombra del centro che si allarga.”
***
So di me quanto ho appreso
dai muri intatti, dalle superfici levigate,
dalle crepe mai emerse in nessuno strato
e sopra ognuno, la tintura stesa
senza levare ciò che sotto crea spessore.
Stretta
tende la parete ad inghiottire
ciò che racchiude.
bei versi, con un bel ritmo e con un controllo del flusso verbale pieno, nello scavo ben calibrato, verso argomenti che si confanno al mio modo d’intendere la poesia contemporanea. In Sotto vuoto avverto echi De Angelisiani ….però in generale una amalgama ben personalizzata.
Direi che le ultime due poesie son quelle che, ad una prima lettura, mi son piaciute di più, rispetto alle altre che, comunque, son di buon livello. Ma vorrei leggere, a questo punto, tutta la raccolta…
Grazie per la proposta,
Bux
La raccolta è serrata e compatta sia nello stile che nei contenuti e non ha slabbrature né crepe, non foss’altro che quelle di cui parla.
Marco Scarpa, inoltre, a me pare un “outsider impuro” nel senso che piace a me. Sempre in riferimento al mio articolo sui Gruppi Poetici e gli insiemi di Cantor, insomma. Lì ho citato anche te come outsider, se ben ricordi.
Ciao Antonio, un saluto
Sonia Caporossi
Versi molto belli di un poeta che non conoscevo. Complimenti..
Irretisce questa scrittura, non c’è che dire. Personalissimo commento.