Di GIULIO IOVINE Tornai a casa una domenica mattina, dopo aver passato la notte a suonare il pianoforte o la pianola in non so quanti bar. Avevo mal di schiena, … Continua a leggere “Musica morta”, un racconto inedito di Giulio Iovine

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BIL ONLINE 2021 -International Multisciplinary FestivalCOLPI DI VOCESonia Caporossi, Rimbaud da Opus Metamorphicum (A&B edizioni) première 24 maggio ore 21.00 sul canale youtube Bologna in Lettere Sonia Caporossi (Tivoli, 1973), … Continua a leggere Bologna In Lettere 2021: Sonia Caporossi, “Rimbaud” (da Opus Metamorphicum, A&B Edizioni), 24 maggio ore 21:00
Di GIANLUCA PAVONE SPAZIO UNIVERSO Un tempo, sotto la matita, c’era l’isola. Un non luogo che rimpiccioliva come occhi alla sera. Ci dicevano che questo Universo di soli e mondi … Continua a leggere Quattro prose poetiche di Gianluca Pavone
Di ANDREA BRICCHI Quando ero cucciolo mio padre, un enorme gattone nero (io rosso, lui nero: avrei dovuto chiedere a mia madre qualche spiegazione, ma non ne ebbi mai il … Continua a leggere “Gattsby”, un racconto inedito di Andrea Bricchi
Di LISA ORLANDO Una donna sta camminando, lentamente, lungo un muro; il muro è bianco, la strada è tutta bianca, c’è una specifica vastità conferita dal bianco, da quel candore … Continua a leggere Il conteggio dei passi, un racconto inedito di Lisa Orlando
Di ENEA ROVERSI * Nel mio immaginario, ma credo anche in quello di molti altri della mia generazione, la figura di Ulisse ha le sembianze di Bekim Fehmiu, l’attore … Continua a leggere “Hypnerotomachia Ulixis” di Sonia Caporossi, Carteggi letterari 2019, nota di lettura di Enea Roversi
A cura della REDAZIONE E’ stato pubblicato il bando della VII edizione 2021 del Premio Letterario Il Giardino di Babuk – Proust en Italie per opere inedite VII edizione … Continua a leggere Premio Letterario Il Giardino di Babuk – Proust en Italie Per opere inedite VII edizione 2021
Di LORENZO FAVA I Sono piccolo. Provo le prime pedalate su una bici senza rotelle. Vedo la scena in terza persona. Avverto una figura spingermi da dietro. Le prime immagini … Continua a leggere Due prose oniriche di Lorenzo Fava
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Di LUCA PERRONE Oggi è sabato venticinque aprile. La mia molecola produttiva è ferma, ma la cella non dorme mai. Più tardi studierò gli atti del Quarto Convegno Internazionale “L’Eredità … Continua a leggere “Ordine senza potere”, una prosa inedita di Luca Perrone
Bologna In Lettere, 18 Maggio 2019 Prosa aumentata Sonia Caporossi legge estratti di Hypnerotomachia Ulixis (Carteggi Letterari Edizioni 2019) Estratti dal primo capitolo Estratti dai capitoli centrali Estratti dal capitolo … Continua a leggere Bologna In Lettere 2019: Sonia Caporossi, “Hypnerotomachia Ulixis”
Di SALVATORE ENRICO ANSELMI Genedio era un capospedizione. Alto quanto due portatori sovrapposti, magro e tenace come una corda grezza che, dopo essere stata bagnata, s’asciuga e diventa più ritorta … Continua a leggere “Da Capoora a Groundsend”, un racconto inedito di Salvatore Enrico Anselmi
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Di LORENZO FAVA ** A casa abbiamo un gatto. È atipico, buono, affettuoso, con un morbido pelo grigio. L’ho chiamato Sicane. Gli voglio bene. Da qualche giorno però ho notato … Continua a leggere Tre sogni. Prose inedite di Lorenzo Fava
Di SALVATORE ENRICO ANSELMI Quando avevo diciassette anni mio nonno è morto. È stato il primo incontro con la morte, con l’assenza per sottrazione definitiva. Il giorno prima stava a … Continua a leggere “Il periodo migliore”, un racconto inedito di Salvatore Enrico Anselmi
Di VLADIMIR D’AMORA * resto del paso Di solito, per lo più, non essere propensi indulgenti a certa letteratura critica. Un tempo serviva a sapere insieme cosa pensare e cosa … Continua a leggere “resto del paso”: una prosa sperimentale di Vladimir D’Amora, fra testualità e critica, a partire da Pasolini
Di VITALDO CONTE “Amo, quindi sogno” (S. Caporossi) Il sogno esprime un possibile percorso dell’essere per attraversare la pulsione erotica come ricerca d’amore. L’incontro con la propria proiezione narcisistica … Continua a leggere Pulsione narcisistica: Eros Sogno. Attraversando “Hypnerotomachia Ulixis” di Sonia Caporossi
Di SALVATORE ENRICO ANSELMI Era stato l’ultimo pomeriggio di primavera, la stagione instabile e insicura, venata di folate fredde tra marzo e aprile. La primavera piovosa e incerta, durante il … Continua a leggere “Era l’estate”, racconto inedito di Salvatore Enrico Anselmi
Di ENZO CAMPI * Hypnerotomachia Ulixis è un testo che pretende, anche e soprattutto, una lettura ad alta voce. E non solo, non basta una semplice dizione, il testo pretende … Continua a leggere Enzo Campi: La coscienza e il desiderio. Ulisse e l’idea del viaggio Uno sguardo su “Hypnerotomachia Ulixis” di Sonia Caporossi
Di SALVATORE ENRICO ANSELMI Casagemas disse: «Lo faccio per te. Lo faccio per me». Lo disse alla sua donna e si uccise. Il ritratto della morte. Il corpo svuotato dalla … Continua a leggere “Casagemas disse”, un racconto inedito di Salvatore Enrico Anselmi
Di GUIDO TURCO ARNO E ALTRE FIGURE favola son nell’improvviso ESSERE O NON ESSERE Essere non è essere quello che si è ma quello che si vorrebbe essere. Che … Continua a leggere Guido Turco, “Arno e altre figure”. Una prosa poetica inedita
Associazione Culturale “Villaggio Cultura – Pentatonic” Viale Oscar Sinigaglia 18 – Roma Domenica 12 maggio 2019 ore 17* Incontro con l’autore: Sonia Caporossi Hypnerotomachia Ulixis, Carteggi Letterari 2019 In dialogo … Continua a leggere Sonia Caporossi, “Hypnerotomachia Ulixis”, domenica 12 maggio al Pentatonic
Di GIANLUCA GARRAPA Oltre il muro di cinta aguzzo in cima di sbreghi di cielo – capovolto desiderio di nebbia che scivola insinuante tra le fessure inconcludenti della coscienza che … Continua a leggere “Il villaggio dei morti”, racconto inedito di Gianluca Garrapa
Di MASSIMILIANO PICCOLO Entro nel chiosco, dopo infiniti chilometri di spiaggia, per prendere una bottiglietta d’acqua naturale. Mi concedo mezzo litro al giorno nel solito posto. Musica a tutto volume, … Continua a leggere “Mandiamoli tutti a casa”, un racconto inedito di Massimiliano Piccolo
Di GIANLUCA GARRAPA Ti scrivo per avere un ruolo. Ti mostro e poi ti spiego. La vita è un problema che ti serve. Ma non c’entra nulla. Con la … Continua a leggere Gianluca Garrapa, “Ti scrivo per avere un ruolo”, inedito
Di SALVATORE ENRICO ANSELMI Nessuno tra le scatole. Nessuno tra le gambe e Assunta può rimanere per un pomeriggio almeno, tranquilla, nella sua camera a leggere sdraiata sul letto. Fuma … Continua a leggere “Rosso, verde, blu e bianco un po’ in ritardo”, un racconto di Salvatore Enrico Anselmi
Di SALVATORE ENRICO ANSELMI La Mente: «Il corpo mi offende. Quando reclama attenzioni più del dovuto, quando mi distoglie dai compiti che ad esso non afferiscono perché non si rivolgono … Continua a leggere “Dialogo a quattro”, una prosa inedita di Salvatore Enrico Anselmi
Inchiesta a cura di VANNI SANTONI
Risposte di SONIA CAPOROSSI
Vanni Santoni ha recentemente curato per la rivista L’Indiscreto un’indagine in quattro puntate su “Lo stato della critica e lo stato del romanzo: quattro domande per sessantasei critici” . Ebbene, i critici nel volume elettronico annesso, scaricabile in calce alla quarta puntata dell’inchiesta, sono diventati sessantasette come per magia: questo perché la sottoscritta, a suo tempo interpellata dal curatore, ha consegnato le proprie risposte con imperdonabile ritardo. Ringrazio il caro Vanni per avermi reintegrata all’ultimo momento nel novero dei critici con la solita cortesia e per avermi ricompresa all’interno del PDF e dell’EPUB. Qui di seguito trovate le sue domande e le mie risposte pubblicate a parte, nonché, in fondo all’articolo, i link per scaricare l’inchiesta direttamente dal sito de L’indiscreto. (Sonia Caporossi)
– Scrisse, attraverso un suo personaggio, Pynchon, che nel secolo a venire la critica letteraria sarebbe stata ancor più importante perché si sarebbero prodotti più libri per meno lettori, e dunque la funzione d’indirizzo dei lettori e selezione del canone sarebbe stata decisiva. Concorda? Come crede debba essere interpretata, oggi, questa funzione? Come può reagire la critica al paradosso dell’aumento della sua utilità rispetto alla diminuzione pratica degli spazi espressivi?
RISPOSTA: Rispondevo a un’indagine sulla prosa narrativa uscita su La Balena Bianca già cinque anni fa che “nella mia personalissima e spostatissima opinione, il canone è la morte del sommerso, la masochizzazione della critica e l’oppio del lettore”. Continuavo chiedendomi: “Il dilemma infatti è il seguente: può darsi in natura un canone composto da gente ancora in vita, col principio di Heinsenberg lì appostato ad inficiare, ogni minuto che passa il Signore, qualsivoglia osservazione critica, oppure un canone di tal fatta può darsi solo come operazione artificiale?” La risposta che mi do oggi non è molto dissimile da quella di allora: produrre più libri per meno lettori significa inflazionare il campo semantico della letteratura in un overload informativo in cui l’ermeneusi del lettore non può che cortocircuitare viziosamente. Si è andati da parecchio tempo a sbattere contro l’orizzonte degli eventi, il buco nero dell’indistinzione fagocita ogni anno centinaia di validi scrittori che prendono fuoco nell’atmosfera al primo tentativo di pubblicazione con le grandi case editrici, scomparendo nel nulla in breve tempo, dilaniati dalle logiche del mercato (ché se il primo libro non vende a sufficienza, adieu, si ricade nella nicchia; e allora sarebbe stato tanto meglio non esserne mai usciti). Il problema è che le case editrici non sono guidate dal gusto del lettore, ma il contrario; e ciò accade perché il lettore non ha più una guida, in quanto la critica langue. I critici, oggi, somigliano più agli addetti degli uffici stampa, hanno venduto la propria onestà intellettuale a quel sordido mainstream, apparentemente intonso di purezza estetica presunta, che è composto da due filoni, il minimalismo becero da una parte e il massimalismo paraculo dall’altra, proprio lui, quello che scimmiotta gli autori americani. I critici non incidono nel gusto del lettore, non arrivano mai prima rispetto ad esso, già eterodiretto, peraltro, dagli editori, ma sempre dopo, non possedendo strumenti ermeneutici ed estetici chiari e distinti per poter individuare i diamanti nel letame; e se quegli strumenti critici li posseggono, se li tengono stretti, non esplicitandoli perché nel marasma non conviene. Non c’è diminuzione, a ben vedere, degli spazi espressivi: c’è piuttosto una diminuzione dell’espressività del letterario e della significatività della dimensione critica. Il critico non critica più, oggi: recensisce. Ovviamente, con tutte le eccezioni dovute del caso.
– In un altro ampio pezzo di cui sto raccogliendo i contributi – e in cui gli interpellati sono gli scrittori – sto trovando conferma al fatto, di per sé intuibile, che molti dei nostri scrittori contemporanei abbiano trovato le proprie stelle polari in libri di scrittori esteri, spesso letti in traduzione, più che del canone italiano, e quasi sempre in romanzi (esistendo del resto canoni più forti del nostro in questo specifico genere). Quali crede che siano gli effetti di questa crescente globalizzazione delle influenze?
RISPOSTA: l’effetto principale è la dimenticanza del fatto che i grandi autori li abbiamo avuti anche noi, nonostante spesso non abbiano rappresentato una corrente, non abbiano fatto scuola: la (mia) sacra trimurti Gadda-Morselli-Manganelli, ad esempio, è composta da scrittori talmente inarrivabili per poetica e stile che non sarebbe stato possibile normativizzarli, categorizzarli, ridurli a genere e a lezione, ovvero inquadrarli nell’aborrito canone. D’Arrigo, Volponi, non sono normativizzabili; Bianciardi non è normativizzabile; troppo facile dire di Landolfi che scriveva racconti fantastici o surrealisti, non è normativizzabile nemmeno lui, e non lo è, a ben vedere, nemmeno Parise. Sto solo risalendo indietro nel tempo, con i primi nomi che mi vengono in mente della vasta progenie di autori italiani fuori dal coro. Nell’ultracontemporaneità che stiamo analizzando in questa sede, la modalità viene confusa con la moda, la moda con i modi: per questo vanno di moda, e di modalità, gli autori d’oltreoceano, quando una scuola massimalista italiana, ad esempio, sarebbe stata benissimo possibile col materiale umano e letterario che avevamo già a disposizione. Non è che esistano canoni più forti del nostro: è che noi un canone, fortunatamente, non ce l’abbiamo proprio, giacché i nostri scrittori più originali, quelli che davvero possono o hanno potuto rappresentare un punto di stacco e di svolta, sono praticamente tutti degli outsider irriducibili a qualsivoglia canonizzazione. È proprio questa, hegelianamente, “la festa e la forza” del nostro valore negativo.
– Uno dei dibattiti letterari che emergono ciclicamente è quello intorno alla possibilità (o all’esistenza) di un “grande romanzo italiano”, con particolare riferimento alla letteratura italiana successiva alla Seconda Guerra.
Prima di tutto: a suo avviso un GRI è possibile? Se no, perché? Se sì, di cosa potrebbe o dovrebbe parlare un “grande romanzo”, e in che modo?
A suo avviso ci sono libri che possano meritare il titolo? Se sì, quali? Se no, considerando che nelle altre maggiori tradizioni letterarie si possono indicare più candidati, crede che ciò si debba all’assenza, nella nostra letteratura, di una tradizione forte in questo senso, e quindi della minor disponibilità di modelli?
È plausibile che, nella sopravvenuta egemonia del romanzo (almeno nelle forme scelte da chi scrive) e nella globalizzazione delle influenze si arrivi al superamento di tale limite?
Dall’altro lato, non dovrebbe forse un qualunque “grande romanzo” farsi già trans-nazionale? (vengono alla mente, come esempi tra i più immediati e recenti dotati di tale caratteristica, e coincidenti con altrettanti “grandi romanzi” di autori esteri, I detective selvaggi e 2666 di Roberto Bolaño, Europe central di William T. Vollmann, Abbacinante di Mircea Cărtărescu, Austerlitz di W.G. Sebald)
RISPOSTA: Vorrei rispondere proponendo a chi mi legge di riflettere archetipicamente sulla categoria del barocco come prassi scrittoria e stile foriero di infinite possibilità espressive precluse alla letteratura cosiddetta “facile” o mainstream, italiana o straniera che dir si voglia. A me il barocco piace, innanzitutto se inteso come categoria sovrastorica. Tanto per citarli di nuovo, barocco era Gadda, barocco Manganelli, barocco in un certo senso Guido Morselli: tre dei miei personalissimi fari, tre delle personalità che hanno detto di più – e meglio – in Italia. Barocco è stato anche Pasolini, in parte, ma non sempre al meglio, perché non lo sapeva gestire esteticamente, solo contenutisticamente (vedi Salò). Il barocco è un bene raro, è una delle categorie cismoderne che hanno saputo saltare lo steccato, al contrario del classicismo. Il barocco non è orpello fine a sé stesso, non è da confondersi col rococò e col barocchismo degenerato che hanno tutti in mente per colpa di Croce e del crocismo. Il barocco non è solo forma, ma anche contenuto. Col barocco si è detto e si dice. Tanto. Per questo io spererei che barocco sia anche un modo di fare critica, di scrivere del mondo che ci circonda, di far poesia. Perché il barocco è anche, e sostanzialmente, una delle categorie dell’impuro. E il neobarocco ultracontemporaneo, come impianto narrativo, come modo di fare letteratura e di scrivere romanzi o racconti, è la categoria principale della decadenza, della testimonianza dell’atrocity exhibition a cui assistiamo dal dopoguerra novecentesco in poi. Qualsiasi romanzo si sia attenuto alle modalità espressive ed ermeneutiche del barocco è un grande romanzo della decadenza, un romanzo che ha compreso il suo tempo, che ne ha penetrato i pericoli, le insidie, le sovrastrutture dissimulanti, le pastoie impedenti, le terribili idiosincrasie. È un romanzo che ha capito e ha proposto, costruttivamente, di superare l’empasse. È un romanzo barocco non in modo marinista, bensì alla Ciro di Pers, un romanzo il quale ha saputo comprendere che il “mobile ordigno di dentate rote” chiamato tempo ci incalza e ci stringe, che è ora di smuoverci, di svegliarci, di ritornare al senso delle cose: perché la letteratura, se non propone una visione della realtà che permetta di uscire dalle sabbie mobili, non solo non dice il nulla, ma non dice nulla. Tutto questo, beninteso, sia da premessa. La risposta vera alla domanda, su chi ci sia riuscito, su chi anche solo ci abbia provato, viene da sé a chi sappia intendere.
– Nella rassegna Da zero a dieci, la rivista letteraria “La balena bianca” ha chiesto a dieci giovani critici italiani di indicare quelli che a loro avviso sono i libri del decennio passato. È emersa una lista* in cui, al netto delle menzioni multiple, figurano circa quattro romanzi (un quarto dei quali “ibridi”) per ogni raccolta di racconti o prose. Una proporzione meno favorevole al romanzo di quella espressa dall’editoria in sé, ma che comunque riflette una decisa egemonia di tale forma. Che riflessioni le ispira questa proporzione? Commenti (o integrazioni) alla lista?
*
Alajmo, Notizia del disastro;
Ammaniti, Io non ho paura;
Arminio, Vento forte tra Lacedonia e Candela;
Bortolotti, Tecniche di basso livello;
Bugaro, Il labirinto delle passioni perdute;
Busi, Casanova di se stessi;
Busi, Un cuore di troppo;
Camilleri, La presa di Macallè;
Camilleri, La gita a Tindari
Casadei, Il suicidio di Angela B.;
Eco, Baudolino;
Falco, L’ubicazione del bene;
Franchini, L’abusivo;
Franchini, Cronaca della fine;
Frasca, Dai cancelli d’acciaio;
Frasca, Santa mira;
Genna, Assalto a un tempo devastato e vile 3.0;
Genna, Dies irae;
Giordano, La solitudine dei numeri primi;
Janeczek, Le rondini di Montecassino;
Jones, Sappiano le mie parole di sangue;
Lagioia, Riportando tutto a casa;
Labranca, Neoproletariato;
Mari, Verderame;
Mari, Tu, sanguinosa infanzia;
Moresco, Gli incendiati;
Mozzi, Fiction;
Murgia, Accabadora;
Parente, Contronatura;
Parrella, Mosca più balena;
Pascale, Ritorno alla città distratta;
Piccolo, La separazione del maschio;
Pincio, Un amore dell’altro mondo;
Pincio, Lo spazio sfinito;
Pontiggia, Nati due volte;
Pugno, Sirene;
Raimo, Dov’eri tu quando le stelle del mattiino gioivano in coro?
Rastello, Piove all’insù;
Ricci, L’amore e altre forme d’odio;
Santacroce, V.M.18;
Santoni, Personaggi precari;
Sarasso, Settanta;
Saviano, Gomorra;
Siti, Troppi paradisi;
Siti, Il contagio;
Siti, Autopsia dell’ossessione;
Starnone, Spavento;
Trevi, Senza verso;
Trevi, L’onda del porto;
Trevisan, Grotteschi e arabeschi;
Trevisan, Tristissimi giardini;
Tuena, Ultimo parallelo;
Vassalli, Archeologia del presente;
Vasta, Il tempo materiale;
Vasta, Spaesamento;
Virgilio, Porno ogni giorno;
Wu Ming 1, New thing;
Zanotti, Bambini bonsai.
(più; Mazzantini, Venuto al mondo; Moccia, Tre metri sopra al cielo; Panarello 100 colpi di spazzola, inseriti da Marrama come esempi negativi)
RISPOSTA: In “Da che verso stai?”, il mio libro di critica uscito due anni fa, l’ho scritto già chiaramente: sono contraria al concetto di canone e a qualsiasi lista della spesa, pertanto non mi sento di fare un elenco di nomi, preferisco analizzare testi: “A mio parere, un canone letterario di autori viventi non è mai in funzione del domani, ma dell’oggi. Aggiungerei, e non me ne voglia Harold Bloom, che un canone è sempre frutto di una parzialità. Potrebbe non essere parziale solo a patto di essere onnicomprensivo, ma ciò è impossibile. Ecco perché un canone davvero serio in realtà è un’operazione che diventa irreale, intrinsecamente letteraria, borgesiana: […] Come se volessimo disegnare una carta geografica del globo che ricopre interamente la sua superficie, l’operazione diventa non solo inutile e disagevole, ma perde anche la propria istanza teleologica”. Per favore, abbiamo abbandonato qualsiasi velleità transmoderna e siamo tornati nel cismoderno, lo dice persino Mordacci: lasciamo perdere le istanze postmoderne, che in Italia non hanno mai attecchito come scuola in filosofia e nemmeno nel romanzo come corrente. Lasciamo perdere le pose, le finzioni, le devianze rispetto alla centralità del testo. Torniamo al senso delle cose. Torniamo a scrivere dotati di senso. Torniamo a indagare il reale “nel dover-essere del senso”, avrebbe detto quel gran filosofo estetico e, quindi, quel grande narratore della bellezza, che è stato Emilio Garroni.
Di ANTONIO PORTA * Michail Bachtin (Orel 1895-Mosca 1975) è come una miniera di vaste proporzioni. Esplorarla, scavarla, significa gettarsi alle spalle delle scorie, quanto cioè è rimasto legato a … Continua a leggere La miniera Bachtin: Antonio Porta su “Estetica e romanzo”
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Di SONIA CAPOROSSI Abbiamo intervistato Eva Milan, musicista, poetessa, scrittrice e analista politica, in merito al suo ultimo lavoro scrittorio, il romanzo-saga distopico Nemesis, in cui figurativamente vengono evocati, fra … Continua a leggere “Nemesis” o l’abiezione geopolitica dell’infosfera: intervista ad Eva Milan
A cura della REDAZIONE Il 9 e 10 febbraio, al Teatro Biblioteca Quarticciolo di Roma, andrà in scena Io Obietto, testo teatrale di Lisa Canitano che affronta il tema dell’obiezione di … Continua a leggere “Io Obietto” di Elisabetta Canitano al Teatro Biblioteca Quarticciolo (09/02-10/02)
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Di DANILO LACCETTI Fa’ la guerra, Lucio Sergio, falla, dai, crediti nuovo Silla, il destino ti invita. Ricchezza, potenza ovunque solleticano, corruzione guasta te come già impestato ha da tempo … Continua a leggere “Fa’ la guerra, Lucio Sergio”, una prosa storica inedita di Danilo Laccetti