Guido Turco, estratti dalla raccolta inedita “La trasformazione delle nostre vite”

Di GUIDO TURCO

COMPIUTEZZA FORMALE

La metafora li vuole giganti
tra pieno e il vuoto
il differenziale
tra la taglia e l’accozzaglia del tessuto urbano
li vuole multifunzionali
destinati all’assenza totale e a nuove specie di parassiti circolanti nelle tubature
trasversali finestre ad arco
perché lo sguardo si possa impregnare
con la ricognizione
alimentare la velocità di passaggio dalla coscienza cinestetica dell’agnizione.
Ogni selfie è un suicidio iconico che aggiunge latenza e rallenta
la partenza del torpedone.

NON SI SA DA DOVE VENGA LA SALVEZZA

L’impressione è che niente sia cambiato
stesse stanze stessi colori stesse facce mentre fai colazione
la luce forse ha un diverso grado di inclinazione
come se la rivoluzione rallentasse
sul proprio asse di qualche secondo.
Adesso alzati,
scuoti le briciole,
passa una mano tra i capelli nell’altra il cellulare
un sospiro e una camicia no-stiro
lasciapassare per il giorno.
Qualcuno lo ferma
un insolito pensiero
lo richiama indietro.
Non si sa da dove venga la salvezza.

MAN WITH A MOVIE CAMERA

La testa arrovesciata
tra le sclere tutta intera
la ripetizione accelerata
la polvere schiacciata
aliti leggeri che scuotono un fioraccio
fibroso come braccio
disarticolato.
I titoli di coda non li legge nessuno,
basta il segno della parola Fine.

RARI FLASH-BACK E GOLFI DI TRAMA

Il mendicante preferito brilla di diverse sfumature
nella stoppa nerastra dei capelli
non apre bocca
niente scritte cartonate per promuovere disgrazie che inducano a liberarsi di un paio di monete.
Condividiamo un panino
l’incedere per accumulazione
i canti sommersi nutriti di biossido decomposto e
quando siamo in un posto
vorremmo essere da qualche altra parte.
Al termine verrà offerto un aperitivo a buffet.
È prevista la traduzione simultanea inglese/italiano.

ITINERARI

Il pesce guida squinterna
la semantica strutturale
in tornanti e svolte
come fantasmi improvvisi acquattati sul selciato.
Per un attimo non sei più
quell’animale che si fa largo
come un metafisico cameriere
nella forêt de symboles tanto cara a Baudelaire.
Piuttosto un segnale di all’erta, serbatoi vuoti, l’inconsistenza e la paura di aver a che fare
con molto sconosciute serrature.

CURVE (PICCHI DI INCOERENZA VISIVA)

Lo spazio curvo suggerisce il movimento
ma come le onde impassibile
o i rami quando non sanno dove andare.
Adesso sfronda.
Rapidi staccati per evocare
false lontananze, distribuzioni di trama trasparente
il momento finalmente
dell’imbarazzo di fronte a una lingua sconosciuta
il grido che nessuno raccoglie, forse le formiche in fila
per quelle molliche soffiate chissà come.

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