Poesia Scientifica. Corollari di Daniele Barni a Poetica More Geometrico Demonstrata di Sonia Caporossi

Di DANIELE BARNI

In seguito alla pubblicazione su Poesia Del Nostro Tempo del manifesto di estetica e critica della poesia ultracontemporanea firmato da Sonia Caporossi e intitolato Poetica More Geometrico Demonstrata, il poeta Daniele Barni ha voluto inviare il proprio contributo al dibattito, che pubblichiamo con piacere qui. Buona lettura a tutti.

POESIA SCIENTIFICA

I COROLLARIO
Il poeta deve saper avvicinarsi alla poesia con metodo scientifico, mentre il lettore può avvicinarsi alla poesia in modo “poetico”, cioè emotivo e sentimentale.

II COROLLARIO
Avvicinarsi alla poesia con metodo scientifico significa studiarne il funzionamento sotto vari aspetti:
lessicale e semantico;
metrico e ritmico;
simbolico e allegorico;
retorico e isotopico;
morale e anagogico;
sincronico e diacronico.

III COROLLARIO
Il poeta non deve mai abbandonare il contatto con il lettore, con il quale non può non comunicare e al quale non può non indirizzare messaggi. Per dedizione e per umiltà. Perciò, la poesia deve essere portatrice di significati comprensibili, cioè chiari e afferrabili.

IV COROLLARIO
I significati, però, formano soltanto la superficie del testo poetico e in essa celano dei passaggi segreti verso i sottostanti sensi, che del testo poetico formano una sorta di labirinto profondo, con funzione sia portante sia fascinatoria sia conoscitiva: il poeta deve accompagnare il lettore a quei passaggi segreti allo scoperto e, attraverso di essi, a quel labirinto nascosto, lasciarvelo entrare e aggirare in avventure il più possibile entusiasmanti di conoscenza, secondo il suo valore e le sue disposizioni. I cunicoli del labirinto sono appunto i sensi, disegnati dalle pareti, come si è visto, del lessico e della semantica, della metrica e del ritmo, del simbolo e dell’allegoria, della retorica e della semiotica, della morale e dell’anagogia, della sincronia e della diacronia. Dunque, la poesia deve essere una costruzione a più livelli, una torre ctonia, non urania, con i significati in superficie e i sensi sprofondati nel mondo e nella vita. E, dunque, il poeta deve essere un nasconditore di sensi, che il lettore può divertirsi a cercare come in una caccia al tesoro.

V COROLLARIO
La tradizione poetica italiana, più di qualsiasi altra, annovera poeti che sono stati capaci di fare poesia di senso e di significato, a più livelli. Perciò, occorre tornare, senza trascurare la poesia di altri paesi, all’Italia e alla sua poesia.

VI COROLLARIO
Il tornare all’Italia e alla sua poesia dovrebbe implicare anche il tornare alla sua lingua, bella ma delicata, deturpata soprattutto dagli anglismi. Ciò non significa isolare l’italiano nel recinto dei suoi parlanti, dove deperirebbe e si estinguerebbe per inedia di idee, ma accogliere gli apporti delle altre lingue adattandoli alla sua fonetica e alla sua semantica, come sempre è avvenuto in passato. L’italiano è una lingua a dominanza vocalica dal punto di vista fonetico, mentre dal punto di vista semantico sinonimica e, allo stesso tempo, polisemica; perciò, le parole di altre lingue potrebbero e dovrebbero essere adattate alla sua costituzione. Perché dire “computer”, se potrei dire “calcolatore”; o “lockdown” per “confinamento”; o “caregiver” per “badante”; tanto per citare a caso? I corrispettivi italiani sono brutti? Perché quelli anglosassoni non lo sono? Questi sono più veloci alla pronuncia? Ma la maggiore lunghezza e lentezza nella pronuncia di quelli non è forse stimolo alla riflessione a scanso di sciocchezze? Non c’è una parola italiana per il nuovo concetto? La si inventa. D’altro canto, il parlare con la lingua d’altri non implica altro che lo smettere di pensare con la propria mente.

VII COROLLARIO: POESIA
Ho cercato di riassumere, a suo tempo, ciò che ho scritto nei corollari precedenti in una breve poesia, dal titolo Al lettore (L’antologia, Italic Pequod, Ancona, 2021):

Non di rado, le cime, che trapassano
le nubi e si conficcano nel cielo,
coccolano laghetti in mezzo al gelo
mai trafitti dall’amo e dalla nassa,
e di cui, quasi mai, nulla sconquassa
le acque leggere e tese come velo.
Lo sguardo allora corre, fra lo stelo
e il sasso, sul fondale, e si ammatassa
con l’alga; affonda e poi piano scompare
nell’azzurro, e diviene meditare.
Così, il poeta lascia che giù affondi
nella pagina limpida il lettore,
attingendo, secondo il suo valore,
significati sempre più profondi.

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