Poesie inedite di Jonathan Alexander España Eraso (traduzione di Teresa Laorenza)

Di JONATHAN ALEXANDER ESPAÑA ERASO

traduzione di TERESA LAORENZA

Escribano

Frente a ti,
el escribano del aire
te ve desde el fondo
de un pozo de aguas espesas.

En el oleaje del final
sus cicatrices me revelan el camino.

El silencio es un asilo descuidado.
Levito sobre una mano cortada.

La página me despide
entre el ruego y el cuchillo.

*

El dolor

I

Gira la noche bajo la bota que pisotea mi rostro.
La niñez se confunde con el frío.
Soy mi madre que agoniza.

II

El dolor se amarra a mi cuello.
Huellas desaparecen entre cafetales.
La tierra anida los restos de mi vestido.

III

Me nombran en el lodazal de la molienda.
La bruma y mi sangre
se confunden con los muertos.

*

El color del poema llueve en mi cuerpo

I


En mi boca
esqueletos de colibrí
trazan la ruina.

II


En la sed,
la herrumbre de la lengua descubre
lo que la luz oculta.

III


Mi espalda,
herida larga y pesada,
rumor de lo extraviado.

IV


Vengo del vientre de la borradura
que huye en la quietud.

V


Tras mi vestigio,
de la tierra
nace el tañido de lo blanco.

VI


Las raíces del desarraigo
brotan de mis pasos.

VII


En las orillas de esta página
presencio el milagro
bajo la mirada de los santos.

VIII


Mi destino
es el conjuro del árbol
que desmadeja la partida.

IX


La edad del grito
avanza adentro
me signa el camino.

X


Soy una página fugitiva,
fisura del invierno.

XI


El color del poema
llueve en mi cuerpo.

*

La fuga

Descienden de las ramas.
Bajo el cielo asustado
pierden sus nombres.
Caminan para detener
el éxodo de la tierra.
Una bandada gobierna sus pies.
De cada tramo que recorren
les queda el aire
en la arena del mar.
Las aguas reciben el grito de una luz reciente
donde la lluvia no alcanza la sangre.
Los veo venir
con el luto de los peces
sobre la línea de flotación.
Frente a mí
sus cuerpos tienen el verdor de la huida.
Busco a una madre para preguntarle
el significado de los difuntos y su paraíso.
Me veo desnudo entre sus brazos,
en ellos aún existo.
Olas de humo,
me convocan
en otras presencias.
Me ven del otro lado
donde la figura de mi padre
arrastra el ruego y la fatiga.
En su memoria
una grieta es la frontera.
Jaurías de árboles
sepultan el viento.
Escribimos sobre nosotros,
sobre el encuentro primero.

*

Riesgo

Donde no hay riesgo no puede haber escritura.
EDMOND JABÈS

I


Escribo rodeado por la nieve que tiñe el hueso.
Me deshojo en el secreto.
El único confín es la página.

II


La mano desnuda posee la suavidad
del crepúsculo que se pliega.

Siento la palabra
como un agujero en todo el cuerpo.

III


Un fantasma abre sus entrañas.
En el vocablo inscribe su lengua cortada.

IV


La escritura tiene la forma de la borradura:
la metáfora viva del gesto me señala
y se retira.

V


Un ala fragua lo escrito,
su signo convoca
cielos que se desfondan.

VI


El poeta calla nuestra espera
en la noche limpia.

Como una boca exprime
el zumo de las estrellas.

VIII


La errancia de la escritura remonta todo llamado,
su rastro esboza la embestida de la fiera.

IX


La guillotina hiende la cabeza
de quien escribe en la frontera del poema.

X


En la página
el viento desgarra a dentelladas
las sombras de las lechuzas.

XI


Mi garganta abierta descubre el agua subterránea
un cisne se zambulle en la tinta.

XII


La escritura atraviesa el patio desolado,
mi infancia lame la herida.

_______________________________________

Scrivano

di fronte a te,
lo scrivano dell’aria
ti vede dal fondo
di un pozzo di acque dense

nel moto ondoso del finale
le sue cicatrici mi rivelano il cammino-

il silenzio è un asilo trascurato
fluttuato su una mano tagliata.

la pagina mi saluta
tra la supplica e il coltello.

*

il dolore

I


gira la notte con lo stivale che calpesta il mio viso
la fanciullezza si confonde con il freddo
sono mia madre che agonizza.


II


il dolore si ancora al mio collo.
le tracce scompaiono tra le piantagioni di caffè.
la terra nidifica i resti del mio vestito.


III


mi nominano nel pantano della macinatura.
la nebbia e il mio sangue
si confondono con i morti

*

il colore della poesia piove nel mio corpo

I


nella mia bocca
scheletri di colibrì
disegnano la rovina.


II


nella sete,
la ruggine della lingua scopre
ciò che la luce nasconde.


III


la mia schiena,
ferita lunga e pesante,
rumore di ciò che è smarrito.


IV


vengo dal ventre della cancellatura
che fugge nella quiete.


V


dopo le mie tracce
dalla terra
nasce il rintocco del bianco.


VI


le radici dello sradicamento
germogliano dai miei passi.


VII


al lato di questa pagina
osservo il miracolo
sotto lo sguardo dei santi.


VIII


il mio destino
è la maledizione dell’albero
che estenua la partita.


IX


l’età del grido
avanza dentro
mi segna anche il cammino.


X


sono una pagina fuggitiva,
fessura dell’inverno.


XI


il colore della poesia
piove nel mio corpo

*

la fuga

discendono dai rami.
sotto il cielo terrorizzato
perdono i loro nomi.
camminano per arrestare
l’esodo della terra.
un gruppo governa i suoi piedi.
di ogni tratto che ricorrono
rimane loro l’aria
nella sabbia del mare.
le acque ricevono il grido della luce recente
dove la pioggia non raggiunge il sangue.
li vedo venire
con il lutto dei pesci
sulla linea della fluttuazione.
Di fronte a me
i loro corpi hanno il vigore della fuga.
cerco mia madre per chiederle
il significato dei defunti e il suo paradiso.
mi vedo nudo tra le sue braccia,
tra loro ancora esisto.
onde di fumo,
mi convocano
in altre presenze.
mi vedono dall’altro lato
dove la figura di mio padre
trascina la preghiera e la fatica.
nella sua memoria
una crepa è la frontiera.
mute di alberi
seppelliscono il vento.
scriviamo su di noi,
sull’incontro primigenio

*

rischio

dove non c’è rischio non può esserci scrittura
(Edmond Jabès)

I


scrivo circondato dalla neve che tinge la pietra
mi sfoglio nel segreto.
l’unico confine è la pagina.


II


la mano nuda possiede la dolcezza
del crepuscolo che si piega
sento la parola
come un buco in tutto il corpo.


III


un fantasma apre le sue viscere.
nella parola inscrive la sua lingua tagliata.


IV


la scrittura ha la forma della cancellatura:
la metafora viva del gesto mi segnala
e si ritira.

V


un’ala forgia ciò che è scritto
il suo segno convoca
cieli che si sfondano.

VI


il poeta silenzia la nostra attesa
nella notte limpida.
come una bocca strizza
il succo delle stelle.

VIII

il vagabondare della scrittura risale il tutto invocato,
il suo sentiero delinea l’assalto della fiera.


IX


la ghigliottina fende la testa
di chi scrive nella frontiera della poesia.

X

nella pagina
il vento lacera a dentellate
le ombre delle anime notturne.

XI

la mia gola aperta scopre l’acqua sotterranea
un cigno si tuffa nell’inchiostro.

XII

la scrittura attraversa il cortile desolato,
la mia infanzia lecca la ferita.

Jonathan Alexander España Eraso (Pasto, Nariño, Colombia) è uno scrittore, editor e cultural manager di Nariño. Ha pubblicato racconti, poesie e saggi in varie riviste cartacee e online, sia colombiane che internazionali. É stato incluso in varie antologie di poesia e minifiction. Fondatore e coordinatore redazionale di Alebrijes | Nariñense Magazine of Minificción, cofondatore di Editorial Avatares. Travesías, il suo primo romanzo, ha due edizioni (in colombiano e spagnolo). Con la poesia Descending from the branches (Scendendo dai rami) è stato finalista nel XIII Ángel Ganivet International Literary Contest (Spagna 2019). Con la poedia Scrittura e origine (Escritura y origen), presentata con lo pseudonimo Juan del Páramo, è stato finalista nel Concorso Nazionale di Poesia Saying is showing organizzato da Silva Poetry House (Colombia, 2020). È articolista per i giornali colombiani Diaro del Sur, El Quindiano e per la rivista messicana Exilio Periódico Binacional.

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