
MANIFESTO DELL’OLFATTIVISMO
di DARIO ZUMKELLER
La poesia è stata oggetto di diverse trasformazioni linguistiche e forme espressive realizzate dalle avanguardie storiche nei primi decenni del novecento e dalle neo-avanguardie del secondo novecento fino agli anni’70. Successivamente, fino ai giorni nostri del nuovo secolo, la poesia è ritornata nei suoi passi, alla forma lineare e composta del verso libero.
La ricerca poetica si è cristallizzata nell’oblio e non ha avuto più gli stimoli intellettuali per realizzare un discorso sull’uomo e sul mondo attraverso nuove poetiche e tecniche di stile.
Le avanguardie sfondarono il muro del conformismo e delle regole letterarie accademiche. Tutto questo avvenne con degli steps progressivi. In sintesi, le prime innovazioni avvennero con la parola scritta e orale performativa; ricordiamo il verso libero prosastico in “Una Stagione all’Inferno” di Arthur Rimbaud (1873), la poesia umoristica degli Hydropathes di Émile Goudeau (1879).
Poi le parole divennero puro suono fonetico e combinazione di parole in libertà: le tavole parolibere di Filippo Tommaso Marinetti e lo Zang-Tumb-Tumb (1914-1915), Piedigrotta Futurista (1916) e la Poesia Pentagrammata di Francesco Cangiullo (1923), il “Poema della Fine” rappresentata da una pagina bianca, realizzata dal poeta ego-futurista russo Vasily Ivanovich Gnedov (1913), e le parole ritagliate con le forbici ed estratte a sorte in un sacchetto di Tristan Tzara (in Manifesto sull’amore debole e l’amore amaro, 1920).
Con il Lettrismo di Isidore Isou (1946) la parola viene scomposta e disgregata in fonemi allineati nella pagina e poi sparpagliati fino a creare delle raffigurazioni con le lettere. Le parole diventano segni grafici: negli anni’50 nasce in Brasile la poesia concreta o poesia visuale con il Grupo Noigandres composto dai fratelli Augusto e Haroldo de Campos e Décio Pignatari (Accame 1981).
In Italia i massimi esponenti della poesia visuale nel periodo del boom economico furono i napoletani Luciano Caruso, Stelio Maria Martini, Enrico Bugli della rivista “Linea Sud” (1963) e “Continuum” (1968) (Martini 1988, Sanguineti, 2010).
La ricerca poetica giunge alla “Poesia Totale” del Gruppo 70 con Adriano Spatola, Ugo Carrega, Eugenio Miccini, Giovanni Fontana (Spatola 1978). Con la poesia totale, le idee di ogni campo artistico e tecno-scientifico diventano le fonti per creare poesia. In questo contesto rientrano la poesia visiva, combinazione della semanticità tra la parola e l’immagine, e la poesia sonora di Arrigo Lora Totino (1928-2016) e Henri Chopin (1922-2008) come evoluzione post-futurista del suono fonetico applicata alla vocalità e alle tecnologie elettroacustiche.
Questa breve sintesi sulla poesia d’avanguardia evidenzia una direzione comunicativa verso tre sensi umani: la vista, l’udito, la gestualità tattile. Lo stesso Filippo Tommaso Marinetti nel 1912 scriveva nel Manifesto Tecnico della Letteratura Futurista:
Bisogna introdurre nella letteratura tre elementi che furono finora trascurati:
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Il rumore (manifestazione del dinamismo degli oggetti)
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Il peso (facoltà di volo degli oggetti)
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L’odore (facoltà di sparpagliamento degli oggetti)
Sforzarsi di rendere per esempio il paesaggio di odori che percepisce un cane. Ascoltare i motori e riprodurre i loro discorsi
Oppure il pittore futurista Fedele Azari, che nel 1924 scrisse il manifesto intitolato “La flora futurista ed equivalenti plastici di odori artificiali” e trattava della creazione di fiori e profumi artificiali.
Nonostante questi brevi accenni agli odori, il senso olfattivo è stato accantonato dalla ricerca poetica e non ha mai avuto un suo percorso sviluppo nel tempo.
Diverso è stato il rapporto delle belle arti con l’olfatto. Nell’arte contemporanea sono state realizzate delle opere di arte olfattiva. L’artista italo-canadese Clara Ursitti nel 1993 presso la galleria Artist-Rundi Toronto, in Canada, fu inserita in una rassegna intitolata “Self -Portrait in Scent” in cui l’artista realizzò degli odori estratti dal suo corpo (ascelle, vagina, piedi) come ritratto di sé stessa. Gli odori venivano diffusi attraverso dei sistemi di ventilazione installati all’interno della galleria (D’Errico, 2019).
Nel 2014, all’Institute of Contemporary Art di Los Angeles, fu ospitato il progetto “Sillage” di Brian Goeltzenleuchter. L’artista creò delle fragranze in bottiglia che rappresentavano gli odori di diversi quartieri cittadini. All’evento, i visitatori furono spruzzati con l’odore del loro quartiere incoraggiati ad interagire con gli altri che avevano un odore diverso (Daum, 2014).
Nel 2012, l’autrice e regista francese Violaine de Carné con la compagnia Le TIR et la Lyre rappresentò uno spettacolo teatrale olfattivo dal titolo “Les parfumes de l’âme”. Ad ogni personaggio era associato un odore che li caratterizzava; dodici odori coincidenti con i dodici personaggi della drammaturgia. Si sperimentò direttamente il rapporto tra il teatro e gli odori con il pubblico in sala. Gli odori furono emanati con dei sistemi automatici di diffusione olfattiva creati dall’azienda francese Sigmacom (Jaquet 2015).
Ma ritorniamo alla poesia. La poesia contemporanea ha trascurato l’olfattivismo come linguaggio e forma d’espressione performativa.
La comunicazione olfattiva è sfuggente, dispersiva, ha una dinamicità lenta difficilmente collocabile nel ricordo (se non in casi particolari). Inoltre la scienza non è mai riuscita a realizzare un sistema di classificazione e quantificazione degli odori (Gerkin e Castro 2015). L’olfatto è invisibile e non tangibile. Per sua natura l’uomo tende a non considerare le cose invisibili. L’olfatto non è udibile, quindi si sviluppa nel silenzio.
L’olfattivismo considera i recettori sensoriali del naso e l’uso dell’organo olfattivo per trasmettere scenari immaginativi e comunicativi attraverso la propagazione di profumi e fetori che riguardano il discorso sul mondo e sull’uomo.
L’olfattivismo deve diventare la benzina dei turbinati e delle mucose nasali, che con movenze leggiadre di danzatrice, risale lentamente nel cervello. Il cervello, quest’organo poroso, all’interno del cranio, si dilata con gli effluvi dell’olfattività poetica. Si dilatano gli intelletti mediocri e le facoltà sovrasensibili, nascoste nei meandri del nostro inconscio, si tramuteranno da umano in “troppo umano”.
Ma non confondiamo il “troppo umano” con il trans-umano. Il “troppo umano” è quel dono di natura che ha come suo centro il naso come antenna di ricezione sovrasensibile del mondo. Il naso non è più quell’organo da cui si emette e si espelle l’aria o le scorie nasali cadenti. Il naso come fine ultimo della poesia è la zona illimitata da cui vengono stimolate le nostre facoltà razionali e intuitive ormai rese decrepite dalle azioni automatiche. L’olfattivismo diventa così la massima espressione della realtà e l’affermazione animica del mito che si insinua all’interno del naso con il dolce e sinuoso sfioramento del seno frontale e sfenoidale fino a raggiungere permanentemente il dotto nasolacrimale.
Nel dotto nasolacrimale c’è il mito dell’uomo dotato di spirito e di azione eroico-guerriera emerso dagli olezzi poetici. Quindi, l’olfattivismo è fondazione di vita; è il pedinamento ombroso della realtà nel pieno grado di sviluppo.
L’olfattivismo è una grande entelechia di predisposizione mitologica con i tratti di una creatura mercuriale. Si ha fiuto negli affari e nella ricerca dei tartufi nella dimensione del mondo sensibile. Invece, con la poesia olfattiva, si sentirà il fiuto del mito e del sovrasensibile.
Il naso ha una sua vita propria ed è ha un forte desiderio di assimilare, di apprendere, di catturare le essenze che gli ruotano intorno in piena libertà. Gli odori sono le uniche realtà veramente ultra-umane che ci sono rimaste. Essi non hanno vincoli e costrizioni. Nessuno può mettere un freno agli odori, nessuna divisa ha il potere di alzare agli odori la paletta segnaletica cerchiata di colore rosso.
Gli odori sono gli autentici anarchici-libertari esistenti nella civiltà degli algoritmi vampiri di dati. Loro, i meravigliosi odori, se ne vanno in giro nelle giungle urbane in Mercedes spacciandosi per venditori di chiavi dorate per aprire le porte di nuovi viadotti.
Al vertice degli odori anarchici, c’è la poesia che si fa olfattiva. Gli odori, sostituendo i fonemi, diventano il cuore del fare poesia insieme ai membri dell’orchestra nasale: i turbinati, i seni, i meati, e le conche.
L’olfattivismo ha una funzione pre-rivoluzionaria, ovvero, quello di affermare il silenzio per favorire il processo di dissoluzione molecolare dell’umanità ingabbiata nel quadrato chiodato dove non è più possibile disegnare una formazione aromatica originaria e fondativa.
Con l’olfattivismo si scatenerà l’inferno. Le scintille uraniche saranno inarrestabili fino all’avvento dell’ereignis di una nuova era per l’unione spirituale. Se il mondo verrà salvato da un manipolo di soldati, questi saranno gli odori e il loro generalissimo Naso.
E il poeta olfattivo? Qual è il ruolo del poeta olfattivo? Quello di sottomettersi alla volontà degli dei-odori. Inoltre, egli ha il dovere di rispettare delle specifiche regole per la sua attività:
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deve escludere totalmente la parola scritta, la parola verbale, e la dimensione sonora compresi i segni grafici e le immagini della poesia concreta e visiva.
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Il poeta olfattivo deve promuovere il silenzio come disprezzo, rifiuto, e odio della parola inautentica, impersonale, devastatrice, conflittuale, iterativa, e vuota. Il silenzio che solca nella nostra memoria ancestrale per un ritorno all’essere primordiale senza scrittura.
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L’olfattivismo poetico è la reazione al vuoto esercizio ripetitivo del “poetese” (termine ideato da Edoardo Sanguineti per distinguere la poesia dotata di riflessione introspettiva e ricerca del linguaggio dalla poesia sentimentale, personalistica, e pseudo-crepuscolare).
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Il poeta olfattivo è per la repressione della poesia scritta come feticcio di autocompiacimento dell’autore acritico e autoreferenziale.
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L’olfattivismo è la reazione all’iper-verbale sterile e carente dell’opinione pubblica caratterizzata dal chiacchiericcio del “si deve parlare di tutto” e del “voglio dire ciò che mi pare” a discapito del silenzio formativo e ordinatore.
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La performance olfattiva deve essere esibita in luoghi chiusi, in spazi non troppo ampi, alla presenza di un pubblico ridotto. È consigliabile una fonte di corrente d’aria per far circolare al meglio gli odori emessi nell’ambiente. In alternativa, si possono utilizzare due ventilatori elettrici e posizionarli a destra e a sinistra del poeta e rivolti verso il pubblico per una migliore diffusione degli odori.
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Il poeta olfattivo deve esibirsi con abiti scuri, preferibilmente neri, senza proferire parola con nessuno, senza presentarsi, senza dire il suo nome e altre generalità. Deve portare indosso uno zaino posizionato nella parte anteriore del corpo da cui può prendere facilmente gli spray o bottiglie di profumi o fetori.
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La performance olfattiva deve durare non oltre 10 minuti alternando momenti di fiuto e respirazione tra un odore e l’altro. Se la performance necessita di molti odori di diverso tipo, è necessario, prima dell’inizio della performance, consegnare al pubblico dei recipienti colmi di chicchi di caffè che fungono da “distrazione mentale” una volta annusati per evitare che avvengano situazioni di stanchezza olfattiva. Annusare il caffè consente il “reset” del naso affaticato (D’Errico 2019). Questo avviene quando vengono annusati troppi odori nell’arco del breve tempo.
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Il poeta olfattivo, se ha l’opportunità creativa ed economica, può ideare ex-novo delle fragranze profumate o dei fetori con la collaborazione di chimici o profumieri. In alternativa, si utilizzano gli odori acquistabili sul mercato.
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Gli odori devono essere scelti o creati in riferimento ad una tematica e un’idea specifica.
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Il poeta olfattivo deve dare attenzione alla sua performance senza farsi influenzare dal brusio del pubblico o ad eventuali proteste e lamentele da parte di esso. È necessario che la performance sia documentata con la telecamera comprese le reazioni del pubblico. Qualsiasi reazione accade, il poeta olfattivo deve continuare inesorabilmente.
L’olfattivismo nasce per dare una scossa alla ricerca poetica ormai ferma da quarant’anni e dall’incapacità o non-volontà della maggior parte dei poeti di realizzare un ponte tra la poesia del novecento, poesia vecchia e superata, e il nuovo secolo di questo secondo millennio.
Poeti del XXI secolo, è arrivato il momento di voltare le spalle al novecento!
Osate! Osate! e ancora Osate!
Odiate la parola e il fonema
Odiate l’oralità e la scrittura
Odiate la grafica, la fonetica e il suono
Odiate la poesia digitale e la letteratura elettronica
Odiate l’algoritmo
Odiate l’automazione e gli automatismi psichici
Odiate il transumanesimo e la liberazione dalla morte
Odiate la logica
Amate il silenzio
Amate l’anonimato
Amate l’olfatto
Bibliografia
Accame V. (1981) Il segno poetico, Edizioni d’Arte/Zarathustra, Milano
D’Errico Anna (2019) Il senso perfetto, Codice Edizioni
Gerkin C. R., Castro B. J. (2015) The Number of Olfactory Stimuli That Humans Can Discriminate Is Still Unknown, in “eLife”
Martini M. S. (1988) Breve storia dell’avanguardia, Nuove Edizioni, Napoli
Sanguineti E. (2010) Cultura e Realtà, Feltrinelli
Spatola A. (1978) Verso la poesia totale, Paravia, Torino
Jaquet Ch. (2015) L’art olfactif contemporain, Editions Classiques Garnier, Parigi
Daum M. “Op-Ed: Smells like … a Westsider: All wet lawn and the sweat of a trophy wife”
Los Angeles Times, July 2, 2014 https://www.latimes.com/nation/la-oe-daum-los-angeles-smell-goeltzenleuchter-sant-20140703-column.html
Biografia
Dario Zumkeller nasce a Napoli nel 1983. Negli anni 2008-2009 Dario Zumkeller frequenta il Laboratorio di Poesia della Società “Dante Alighieri” organizzato a Napoli da Enrico Fagnano. Nel 2016 Dario Zumkeller esordisce con raccolta di poesia “La Calce di Ulkrum” edito dalla Parola Abitata, con la post-fazione di Eugenio Lucrezi. Alcuni suoi testi sono presenti nella rivista “L’ombra delle Parole” di Giorgio Linguaglossa, nella rivista “Inverso” di Francesco Manna, in “Offerta Speciale” di Carla Bertola e Alberto Vitacchio, e la rubrica “I Bottegai della Poesia” del quotidiano “Repubblica” curata da Eugenio Lucrezi.
Dopo aver partecipato a vari poetry slam in giro per la penisola, nel 2017 Dario Zumkeller approda a StraFactor, il talent show di Sky condotto da Daniela Collu con tre giurati d’eccezione: Elio, il frontman del gruppo Elio e le Storie Tese, Jake La Furia, fondatore dei Club Dogo e Drusilla Foer, attrice, cantante e sceneggiatrice. Vince la II edizione di Strafactor con due poesie cantate “Vita Talassocratica” e “Ho perso il mio nome” e si esibisce alla finale di X Factor al Forum di Assago. Nel 2018 Zumkeller partecipa di nuovo alla III edizione di Strafactor, arrivando finalista con la poesia cantata “I Cieli Grezzi di Ulkrum”.
Nel 2019 è tra i quindici finalisti selezionati per il contest 1M NEXT, i cui vincitori si sono esibiti al Concerto del Primo Maggio a Roma. Nel novembre dello stesso anno, Dario Zumkeller organizza l’evento “Napoli, Galleria d’Arte della Poesia Visiva” esponendo una sua opera di poesia visiva su tutte le bacheche pubblicitarie della città metropolitana.
Nel 2020 l’album musicale “La Calce di Ulkrum” è presente su tutti i digital music stores insieme al nuovo singolo “Frutti Marciti” con la produzione artistica di Giuseppe Spinelli.
Nel depresso panorama letterario ed artistico arriva questa proposta davvero interessante che amplifica le ricerche sperimentali poetiche del secolo scorso volgendole in una direzione nuova e poco frequentata. Bravo Zumkeller