La consonante n, nella prima lingua indoeuropea (1), era il simbolo dell’acqua. Con essa fu costruita la radice verbale an “che avvia [a] il soffio an-imatore delle Acque [n]”, ovvero “respirare”. Secondo gli indoeuropei l’uomo, nel respirare [an], inalava ed esalava l’energia vitale portata sulla terra dalle Acque cosmiche, considerate “madri”, apō mātaraḥ e “generatrici (2) di tutte le cose mobili e immobili del creato”, viśvaya sthātur jagato janitrīḥ. Il sanscrito ereditò la radice nel suo significato originario talché ana significò “respiro” e anila “soffio”, “aria”, “vento”. Con la radice an il greco formò la parola ánemos, “soffio”, “vento, ma va attribuito al latino il merito di aver ricordato nelle parole an-imus “animo” e an-ima “anima” sia l’aspetto materiale e corporeo del principio vitale [an] delle Acque [n/na/nā], sia il suo aspetto immateriale e trascendente. Aspetto quest’ultimo che nei millenni precedenti i cantori vedici avevano riconosciuto e lodato con l’aver chiamato āpo-devir, “divine”, le Acque cosmiche. In indoeuropeo la consonante m significava “limite”, pertanto con la radice an fu composto il verbo man “la dimensione [m] del soffio vitale delle acque [an]”, cui fu attribuito il senso di “pensare”. Dal verbo man derivò il termine manas che significò “mente”, “pensiero”, nel senso però di “conoscenza dell’intelletto e dei sensi”, e di “funzione psichica che nasce dal cuore”, visto che il cuore era ritenuto la sede della coscienza e delle emozioni. Nel corso del rito vedico il respiro [an] del sacerdote entrava in sintonia con quello dello Spirito Assoluto (3) e l’unione del suo ātman–finito (4) con il brahman infinito ed eterno formava così un’anima sola. Con questa esperienza “identificante” nacque il sentimento religioso indoeuropeo.
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(1) Ad un certo stadio del suo sviluppo coincise con il protosanscrito.
(2) Con la radice an fu infatti composto il verbo jan [j+an], “generare”.
(3) Tale esperienza vissuta da quel sacerdote vedico appare “identificante” perché egli aspirava a trascendere l’umano e a fondersi con il divino acquisendone le proprietà e le qualità spirituali, mentre l’esperienza che vivranno più tardi i pensatori greci sarà invece di tipo “rappresentante”, perché il loro pensiero, anziché ricercare l’unione mistica con il divino conformandosi al suo modello sarà portato, nel comunicare con gli dei, a ricercare piuttosto il rafforzamento etico dell’insieme delle condotte umane, favorendone l’efficacia e l’utilità sociale. Di questa esperienza vedica M. Falk (op. cit., pagg. 30 e segg.) parla come “del sorgere di una realtà luminosa, estatica”, di un “Uno-Tutto”, di un “Io-Universo”, e “della scoperta delle origini dell’Universo nel cuore”. (Si noti che anche gli esegeti greci vissero l’esperienza vedica “identificante” posto che: “essi erano più simili a dei sacerdoti che a dei giuristi, in quanto più che interpretare “detenevano” la verità”, vedi E. Cantarella, op. cit., pag. 14).
(4) È il “principio vitale”, il “soffio divino” che alla nascita fu infuso nell’uomo e ne costituisce “l’anima individuale”. Si noti che questo “soffio vitale” è evocato nella parola latina spiritus “spirito” e corrisponde al greco pneũma “respiro”, “spirito”. Spiritus deriva appunto dal latino spiro,-are “soffiare”. Il concetto di “soffio”, come “principio vitale” è reso in greco anche con psykhḗ. A differenza di thymós, che è la sede delle passioni del cuore, psykhḗ è “l’anima-respiro” che sopravvive anche dopo la morte, permanendo nell’ al di là. Essa è l’anima immortale dell’uomo; cfr. Onians, pagg. 121 e segg. (In merito alla distinzione tra thymós e psykhḗ, da un lato, e pneũma, dall’altro, si veda C.D. Buck, op. cit., § 4.51 e 16.11.)
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* Dal Dizionario etimologico comparato delle lingue classiche indoeuropee. Dizionario indoeuropeo (sancrito-greco-latino), L’Indoeuropea Editrice 2018.