Di EMILIANO MICHELINI
(poesia uno)
passare e chiudere nell’esile e sottile parola
d’intesa da una intonazione all’altra o nei riverberi
che si blocca il selvatico
con le grida a fare voci, e non è
in lontananza il niente più del niente, niente
nessuna, non controllata definizione lì continua
a consolare organi vocali a zero, implicati, messa a
quattro o zero la progressione degli alberi, minuto dopo
minuto dell’abisso, mise en abime, fanno l’aere addolcir
con nuove rime lo sguardo è a zero:
dopo gli augelletti
intra le foglie nessun posto è divertente.
è la resa del mattino, si tratta di una, non si riesce a / sentire nessuna
voce fuori campo, dopo le barzellette l’inverno
dell’animo dove non più risponde ruota in zero
(Apple Store sine pecunia imago mortis)
sbatté più volte a terra senza commenti
un fantoccio come oggetto o cantòre evirato alla seconda
strofa di tre o quattro anni / grida con quanta voce in gola e
sopprime tutto per un dizionario /come malattia
che egli stesso si impone sensi di colpa ed angoscia di vita.
e al desiderio, intervallo di un tono, il passaggio reale alla morte.
vergogna certo quasi tutti hanno
genitori nell’adolescenza, in famiglia sensazioni o allucinazioni
prima che la soddisfazione maligna with fashion
of dress, luxury and scacco del dominio, del demonio, prodotta
dalla laringe egli parla piena di fluttuazioni la voce, la
valenza del memento mori solo verso la fine
se non andiamo nella società / ripete all’unisono tre volte
errato verso la fine of individual choice to die sempre di più.
(poesia uno)
il suolo non fu guardato nella trasparenza
cranio e sassi verso la parte premono / gli impulsi con le grida
caotiche di mutare dell’udito / senza punta spilli ai quadranti
del delirio, occhi castani e tubi al piano di sotto / aria, soltanto
aria, vento, soltanto vento demente / concepito
il mutismo dei vivi che precipitano
dall’hotel in pieno sole.
Lezione di storia antica.
tormentano essi in consunzione sul più bello / una cultura è
scambio di informazioni / nego l’esistenza di una cultura
mentre per i fremiti annaspa nel guano / attraversata
da fiamme splendenti e versi, e si decide senza volto a
ferire femmine (la proposta) / l’ esperienza nel cuore
dell’oscurità non c’è / uno schema che risvegli
il linguaggio che / si estende in rivolte sul più bello / per il piacere
di una donna che punta ai genitali / e si lava
sotto i lampioni a lama di coltello / troppo debole nella sua
stanza piena, raccolta / premuta con le mani per angoli
di lordura, bloccata la vetrata sullo sfondo / contro
l’amore spogliato nella ciotola / la sua bocca è
(poesia uno)
(uno)
la presa spareggia a John Cage, il suo significato è
l’uso delle cinque dita: lo stesso tenore baritono
basso è separato per sempre, calò l’obbiettivo dei frutti
sovrumani e profondissima stanza dei boschi
quiete delle stelle fuori campo, non c’è
campo, la voce, il flatus vocis, pausa, sospiro
quando i quanti in metri quadri cadono nel vuoto
a pochi metri dalla pornostar si è spento il telefonino.
gli arti, il muro del suono, il pianto in pieno sole
giornata di interruzione del suono. il sovrasto
in assenza di rumori, qualcuno parte, fare fate, fate
dei giorni, una mitragliatrice d’ incantesimi, interruzione
d’ Aphex Twin, preso bene per niente, nel corpo a corpo
un grido ruppe il niente, la massa del giradischi preme
annichilato, comando a tacere, a levare
dei giorni della campagna, radio della danza / messa
delle cinque, è fatta risplendere questa sinfonia
un pezzo d’artiglieria, preso agli scrupoli della vita marina
l’interlocutore al comando, la conversazione era qualcosa
per niente, è l’opposizione all’altro minuto e senza ritegno.
(poesia uno)
(due)
a patto che un’intesa diffusa e conservata ci sia
quindi soffiata negli occhi, un movimento è possibile
un cenno del capo, ammasso che occupa per intero
l’irrimediabile scena, all’ultimo curiosamente in pro
fondissima quiete se l’intera azione nell’addizione riduce
debba cercarsi nei residui dei giorni, dei boschi
muro della radio, prati, parti a ruota delle lumache
nessuno ma un grido / ruppe il contagio dei funghi / ruota
si gira, zona di rovine, rètina dire gambe e braccia
erigere un sistema di suono con buste di plastica
genetica della notte. calma, pace, una pioggia glaciale su noi.
(terzina uno)
per adattarsi ad acque marine
brusche variazioni nella casa
tramite inferriate in ogni punto
pietre con gravi
effetti inquinati
se opposti al senso
si propagano nelle lame
in onde corte medie lunghe
sull’orlo dell’abisso
saldata sul tacco quindici
dimagrisce a vista d’occhio
per piacere al popolo
sul centauro alato di bulimie
si propagano pietre frattali
nella luce sterile del frigorifero
dove ferma incontrollabile
le verdi pianure in cui le vibrazioni
sono sigillate come corpi
infrangono maree frangiflutti
sulla cresta dell’onda
con velocità infinita
tutta una vita
tenuta in piedi
con lo sputo.
(τέμενος)
un occhio della testa
nei molti morti metri
quadrati nella stanza bianca
arredamento da bambini
dolor nil finis della cassa
toracica a chi sconforta nihil
al proprio doppio doppelganger
curvo nella cassa toracica
parte laterale opposta al taglio
della testa trapassata
dal mare alla foto di destra
sul retro delle calze piegando
un dio da primato diviso
la pendice montuosa dorme nella sacca
ventotto di dicembre
Trenta giorni
ingialliti scrostati. giorni senza. anni
luce e freschi giardini crescere attraverso lunghe ciglia.
Interruttori alle pareti. luci festive
per il suo muffito disuso. oltre lo scoglio aperta la soglia, la scorza congelata in fretta memoria in forma di vetro.
in forma di strumento avanzato da cui. patire il significato sotto il cielo del corpo. al supplizio dei fiori. lingue morte.
un corpo diviso, sciacquato dal dubbio.
vertigine di ombre, parole sbattute
finestre. nei microsolchi, nella ferita sanguinante dei gettoni.
diluita carne di ricordi. morti dal mare cancellati. niente qui dopo un lungo vagare. stare sulle viscere scorticate. Ruminare
nella gola carne e laser tra le mie braccia
voi lo conoscevate.
l’intero fracasso. vento dell’alfabeto.
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NOTA BIOGRAFICA
Emiliano Michelini è nato a Pesaro, nell’estate del 1977.
Ha pubblicato i seguenti libri di poesia:
La circolazione del sangue (Sigismundus editrice, Ascoli Piceno, 2013) con prefazione di Davide Nota.
La luna vista dal McDonald’s (Oèdpus editrice, Salerno/Milano 2016) con postfazione del critico Matteo Veronesi (d’imminente uscita)
I testi qui presenti, con lievi modifiche, fanno parte di una silloge inedita in volume, intitolata Phanopoeia (poesie 2014-2016) premiata con segnalazione al Lorenzo Montano 2016.