
Di SONIA CAPOROSSI
Abbiamo intervistato per Critica Impura l’artista multimediale Adern X, autore del progetto XeVoR, cercando di penetrare il senso della sua poetica che spazia in multiformi campi dell’espressione, dall’arte visuale alla musica elettronica d’avanguardia, con all’attivo numerose performance, mostre, cataloghi, festival e produzioni sonore a livello italiano ed europeo.
SC: Quale intuizione particolare ti ha permesso di diventare artista seguendo il filone di ricerca di cui ti stai occupando?
AX: L’idea che ogni elemento linguistico, sia visivo che sonoro, non abbia un significato univoco ma sia qualcosa di culturalmente connotato. Credo che il meccanismo che renda la decontestualizzazione efficace nella costruzione di una poetica sia il fatto che, anche inconsapevolmente, un “segno” sia generalmente legato ad un “contesto” abbastanza preciso e, pertanto, questo concorre alla definizione del suo “significato” in modo importante. Ho sempre fatto fatica ad immaginare forme “pure” senza pensare che queste non portino ad un’arte decisamente asettica ed è per questo che preferisco usare elementi concreti in strutture astratte. Per fare un esempio, il fotogramma che si vede in “intervallo” è un rettangolo, dal punto di vista formale, ma la presenza delle perforazioni laterali rende evidente che non è un rettangolo colorato ma la materia del cinema.
SC: A quali suggestioni estetiche ti rifai più o meno esplicitamente?
AX: Prima di tutto, l’idea che dietro un’opera d’arte ci debba essere una motivazione dietro. Penso che uno dei problemi principali dell’arte sia la preoccupazione di utilizzare tecniche più o meno contemporanee senza che queste abbiano un nesso reale con la forma usata; anche nell’opera più astratta, dal punto di vista formale, ci deve essere un significato che viene veicolato, altrimenti è un esercizio di stile. Il ruolo della memoria è un altro aspetto che m’ha sempre interessato perché è quello che rende efficace e.g., il collage, dato che il cambio di contesto è attivato, in definitiva, dal fatto che ricordiamo che quell’elemento era, in origine, da un’altra parte. Infine, l’astrazione della forma come metodo per unificare gli elementi formali in un insieme coerente. Tutto questo indica evidentemente che surrealismo, concettualismo, minimalismo ed astrattismo abbiano profondamente influenzato la mia opera.
SC: Spiegaci le ragioni e le motivazioni intrinseche della tua poliedricità.
AX: Non ho mai considerato realmente separati gli aspetti visivi e sonori ma come metodi per veicolare messaggi diversi. Non ho mai fatto una copertina per un mio CDr solo per l’impatto visivo o perché “va fatta” ma con la volontà di presentare, in qualche modo, ciò che viene ascoltato. Allo stesso modo, i corti non sono pensati come video; al punto che il primo montaggio è sempre fatto senza sonoro perché l’aspetto visivo non è una stampella di quello audio. Certi aspetti dell’idea o del progetto sono resi meglio in un modo o in un altro e, da questo punto di vista, l’uso di strutture astratte simili rende questo rapporto organico. Dato che nessun linguaggio è omnicomprensivo, certi aspetti vengono veicolati meglio dalla parte visiva ed altri dalla parte audio.
SC: E’ stato complicato creare una tua poetica personale? Come si articola la tua ricerca?
AX: Più che complicato, è stato un processo lungo sopratutto per identificare quelle forme che consentissero un rapporto dialettico tra opere musicali e quelle visive ma, sopratutto, fossero adatte per ciò che volevo esprimere. Come detto prima, ogni forma o tecnica utilizzata deve avere una motivazione per aspirare a comunicare qualcosa. Dopo aver realizzato il legame tra e.g., la funzione della simmetria in un’immagine e quello del loop in una composizione musicale, è potuta realmente cominciare la fase di pubblicazione delle opere ed, attualmente, il fulcro della mia ricerca è lo sfruttamento di queste forme per unificare questi aspetti.
SC: Quali progetti imminenti hai attualmente in campo?
AX: Un nuovo corto ed un nuovo CDr in primis ma non sono imminenti, visto che c’è bisogno di un certo lavoro preparatorio e di sedimentazione delle idee prima che le opere assumano una forma compiuta e siano pubblicabili.
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