Di CLAUDIO VALERIO VETTRAINO
La vittoria del MoVimento Cinque Stelle ha dimostrato due fatti decisivi per la politica italiana e non solo.
Innanzitutto ha decretato l’assoluta evanescenza (a seconda dei casi) dei partiti tradizionali, ormai ritenuti dalla schiacciante maggioranza della popolazione inutili ed inaffidabili. Dunque, l’euforia elettorale dei vari Bersani e Di Pietro certifica la miopia di un sistema che non comprende o non vuole comprendere il suo ritardo, il suo elefantiaco spegnersi nel non rappresentare più nulla, se non il vuoto ideologico ed organizzativo del loro perpetuarsi. Ovviamente non bisogna confondere gli apparati dei partiti, la loro burocrazia, gli equivoci personaggi che bazzicano le loro sedi, con gli onesti e scrupolosi funzionari che lavorano e si sacrificano per un’idea, un progetto (qualora ce ne fosse ancora uno in grado di appassionare le masse e rendere vive le coscienze) di società, umanità ad venire.
E’ un liquefarsi sotto il cielo della politica e dell’incalzare dei movimenti civici e dei cittadini che dal basso, in piena autonomia, propongono un’idea diversa di gestione della cosa pubblica a partire dai loro bisogni concreti, solo apparente e non va perciò sottovalutato. L’esaurirsi politico dei partiti e, con essi, di un sistema di potere, viene mitigato e “compensato” dal mantenersi in vita dei partiti come centri di potere economico-finanziario. I partiti dunque sopravvivono alla loro estinzione non solo come rappresentanti di un forma di gestione del potere “obsoleta ”, ma come effettivi coaguli di intrecci d’impresa e finanza. I partiti sopravvivono riducendosi alla loro forma essenziale, alla loro elementarità economica di gestori pubblici (essendo però enti giuridici privati) di interessi affaristici. I partiti sopravvivono come scheletri senz’anima a salvaguardia di un sistema che non risponde più ai loro comandi e alle loro indicazioni. Anzi, è il sistema che impartisce loro le direttive, le modalità della loro gestione, le forme, o meglio, le non forme organizzative, la loro assoluta disgregazione dal tessuto sociale e civile. Il rapporto però, e ciò va ribadito con forza, è dialettico. Politica ed economia sono due facce della stessa medaglia; il sistema capitalistico di produzione. Le espressioni fenomeniche del divenire incessante della rivoluzione produttiva e finanziaria dell’Imperialismo mondiale. Sarebbe interessante fare una storia delle forze politiche, del “politico” nell’era del mercato mondiale e del potere neoliberista che da trent’anni amministra l’economia globale. Ma non è questo il contesto adatto. Ne riparleremo.
Il MoVimento Cinque Stelle ha denunciato tutto ciò e ha ridato la parola ai cittadini, alle loro idee e passioni civiche, facendoli di nuovo innamorare della politica, della cogestione orizzontale della cosa pubblica. E questo è un dato di non poco rilievo nella fase attuale. Certo, è un movimento che sconta, al di là dei toni demagogici e alle volte populistici del suo portavoce, una certa dose di ingenuità, di antagonismo cieco ad un sistema che non riconosce e che combatte strenuamente (ingenuità care anche alla prima Lega), che a mio avviso pagherà (è difficile dire ora in che termini) sul lungo periodo. Non si può fare l’opposizione a vita. Non si può, se si pretende di governare e dirigere i processi d’innovazione di un paese fermo da decenni, non farsi complice, ovviamente con modalità nuove, dello stesso sistema di cui ci si illude essere l’antidoto. Non basta affidarsi alle cosiddette “brave persone”, alle facce pulite, agli studenti ai precari, all’umiltà lavoratrice e al buon senso del popolo. Occorre avere un’idea complessiva di società e di umanità da costruire. Avere un’idea di uomo su cui costruire un progetto, un’utopia di futuro su cui edificare e far sviluppare la strategia e la tattica conseguente. Non basta riformare, migliorare con la buona volontà di tutti un sistema malato fin nelle midolla, strutturalmente incapace ad evolvere progressivamente, avviluppato com’è in vertiginosa spirale esiziale. I sogni sono belli ma alla fine è necessario svegliarsi. Né basta, in un sistema politico come quello italiano, tradizionalmente legato al leader, un personaggio istrionico ed istintivamente portato a rappresentarsi come capo popolo come Beppe Grillo, in cui la fede cieca nelle virtù taumaturgiche della rete (la stessa di chi credeva nella magia rivoluzionaria della radio ai suoi albori), nella democrazia diretta, trasparente, orizzontale del forum in cui si intrecciano e si verificano le competenze individuali come panacea a tutti i mali del mondo, si connette con ingenuità ed eccessi verbali da cabaret, slogan altisonanti e spesso privi di quella responsabilità politica, di quel senso delle proporzioni e dei rapporti reali di potere, che un politico, o comunque, il rappresentante di un movimento che si è fatto politica, dovrebbe avere.
Forse nella parabola umana di Beppe Grillo si inscrive il movimento a cui si rifà. Oppure no. Staremo a vedere. Bisogna però avere sempre ben presente che il rapporto tra il MoVimento Cinque Stelle e il suo deus ex machina, è destramente complesso e intrinsecamente dialettico. Secondo me la sinistra, o buona parte di essa, sbaglia, o meglio, fa un errore di valutazione, di calcolo, nel ridurre la portata storica di un movimento, che ha davvero del rivoluzionario in Italia, con il suo istrione. Sono due realtà che a mio avviso andrebbero distinte e studiate, nella loro portata generale, separatamente per poi ricongiungerle a sintesi avvenuta. O forse, invece il legame c’è ed è troppo stretto, asfissiante per poter produrre fruttuosi e virtuosi risultati in campo amministrativo, soprattutto locale.
Ma è ancora troppo presto per fare bilanci. Certo la trascorsa vittoria di Parma è significativa e lancia un segnale a tutte le forze, o meglio, alle non forze politiche. Grillo sarà utile o darà noia alla sua stessa creatura? Come può un movimento che dal basso, “silenziosamente” intende ricostruire una sovranità costituente libera ed autonoma, fare i conti con un leader carismatico accentratore e verbalmente anarchico che non ha e non vuole avere “una misura” politica, una mentalità sottile atta a governare i processi piuttosto che criticarli e annichilirli? Su questo punto sono d’accordo con Cacciari: Grillo non vuole il governo. A lui basta essere l’altoparlante del nuovo, di un nuovo “mai visto” né sentito, di un linguaggio informatico roboante e modaiolo che in Europa ha già vinto da tempo e che solo in Italia (dove i giovani sono pochi e male organizzati, male collegati) stenta a prendere piede.
L’ingenuità sta tutta qui. Nel credere che basti un click con un mouse, che basti far dialogare pontificati premi nobel come Stiglitz con i giovani economisti nostrani (ed è curioso constatare come chi polemizza accanitamente contro tutte le istituzioni internazionali piene zeppe di professori e tecnici legati a doppio filo con le banche e i poteri forti, dia incondizionato valore al premio nobel, uno dei premi più influenti dell’establishment mondiale, ideato da chi ha oltretutto inventato un’arma micidiale come la dinamite), per bypassare la burocratia, i filtri ideologici e le lungaggini parlamentari, l’elefantiaco divenire di decisioni che non arrivano mai, prescindendo inoltre dalla necessaria riflessione sulle relazioni di potenza a livello mondiale, alla nuova fase strategica che stiamo vivendo (spostamento dell’asse economico-politico dall’Atlantico al Pacifico, dal G8 al G20, dall’Occidente al BRIC), sull’oggettività inaggirabile dei rapporti di produzione e di sfruttamento che reggono la società capitalistica.
Una realtà che livella ed uccide la qualità e le differenze, reifica tutto ciò che è umano e organizza l’intera nostra società alla logica ferrea del profitto, della valorizzazione del capitale globale. Se non si parte da questo, è difficile trovare il bandolo della matassa e comprendere i fenomeni sociali. Solo così si può comprendere che non è una faccenda di persone ma di sistema. In un sistema strutturalmente corrotto, in cui il denaro è moneta di scambio e d’interesse, la luce che acceca (direbbe Marx), anche l’uomo più onesto e votato alla causa può essere corruttibile, può divenire alfiere involontario di quel potere che aveva combattuto fino al giorno prima.
Basta guardare il disastro leghista di oggi o le tragiche vicende di una brava persona dalla faccia pulita che entrò in politica per fare il bene delle brave persone dalla faccia pulita come Piero Marrazzo, per capire che quando si entra in quel sistema o si è minoranza tutta la vita o, se si diventa maggioranza, il rischio di complicità e corruzione si fa sempre più concreto. Non sono le persone il problema ma il sistema economico capitalistico nel suo complesso. La potenza demiurgica del denaro di cui parlava Marx. Il delirio di onnipotenza del potere che ti fa dimenticare chi sei e da dove vieni; il perché sei entrato in politica e quali interessi avresti dovuto difendere e valorizzare. Tante belle utopie dell’armoniosa società degli eguali, dall’autogestione della produzione alla partecipazione dell’utili dell’azienda da parte degli operai, in questi ultimi trecento anni hanno dovuto fare i conti con la tragicità di quello che Freud chiamava il “principio di realtà”, con la disumanità dei rapporti di produzione capitalistici, le necessità immanenti al processo circolare di valorizzazione del capitale, che muove tutta la nostra società e cristallizza le relazioni mercificate ed alienate degli uomini tra di loro e con la natura che li circonda. Tanti uomini degni e integerrimi si sono dovuti piegare, loro malgrado, alla sua crudele e cinica spietatezza.
Mi piace questa analisi perche’ guarda tutte le facce possibili della medaglia, come piace a me. Concordo soprattutto sul punto che non bisogna sottovalutare il movimento cinque stelle riducendolo al suo solo – per quanto rumoroso – portavoce.
E concordo in pieno con quanto dici riguardo al potere o, per dirla con altre parole, la gestione diretta della cosa pubblica, e cosa questo comporti anche per l’individuo o gruppo piu’ “puro”: non bisogna smettere certo di inseguire un’idealita’, o di guardare in alto ad un modello, ma questo non significa che bisogna essere ciechi ed evitare ad oltranza il “principio di realta’”.
Mi domando: se il “potere corruttibile” della politica sia davvero una bestia inevitabile o se ci possa essere una via d’uscita percorribile, praticabile, che non cada ne’ nelle retoriche di un idealismo lontano dalla realta’ ne’ nel degrado utilitarista che divora quasi tutte le anime, una volta approdate alle poltrone.
Tu dici: il problema non e’ nelle persone, e’ nel sistema.
Concordo, ma in parte. Perche’ il sistema e’ fatto di persone. La maggioranza di quelle persone che impone una visione del mondo e una pratica di vita su tutte le altre. Lo impone, perche’ se non accetti, almeno in parte, quelle regole, sei irrimediabilmente tagliato fuori.
Ma il fatto che queste persone siano piu’ “imponenti” non significa affatto che siano le piu’ numerose. Significa prima di tutto che hanno fatto la voce piu’ grossa. E’ una forma di violenza.
Nei vari consigli comunali (ma anche in parlamento) ci sono dei singoli che, pur dovendo accettare degli inevitabili compromessi (sempre per rimanere nel principio di realta’) si battono duramente e sinceramente per temi di interesse collettivo. Per quanto riguarda Il movimento cinque stelle, esso contempla un sacco di individualita’ che, silenziosamente, portano avanti i loro obiettivi: Grillo e’ servito – serve – a questo: a dar loro la voce, a fare un po’ di voce grossa. Se non per Grillo – che strepita, certo, straparla, certo – come si sarebbe data voce a questa miriade di individualita’? Sarebbe mai emerso?
Grazie
Leni
Grazie Leni..sono contento che ti sia piaciuto il mio articolo…Tu poni delle questioni fondamentali a cui non è facile rispondere..Il punto è il rapporto tra il soggetto e l’oggetto, tra l’individuo dotato di un corpo e di una coscienza si presume autonoma (che in realtà non è mai così perchè l’uomo è influenzato e determinato dall’ambiente in cui vive e dai rapporti umani che vive) e le strutture economico-politiche lo circondano e lo avvolgono..e lo deformano..Forse tra l’idealismo ingenuo e lo strumentalismo degradante, tra l’utopia e la corruzione c’è una terza via..quella della conoscenza, dell’analisi scientifica (partire dalla realtà concreta formulare un’ipotesi che va verificata nella prassi stessa) dei processi sociali e storici che viviamo..prendere coscienza degli interessi di cui siamo portatori come “animali sociali” parafrasando Aristotele, come appartenenti alla specie umana e comportarsi di conseguenza…Lo so che è una risposta evanescente..ma è l’unica che posso darti in questo momento..Sono d’accordo con te..I movimenti sono fatti da persone..vere in carne ed ossa che si sono messe in gioco rischiando qualcosa di loro..e io li ammiro per questo..non è assolutamente facile oggi..in una fase di tale regressione posso dire antropologica..
Il problema dunque, marxianamente, non è tanto nel soggetto come nell’oggetto, ma nello stabilire, costruire (come?) un rapporto organico e dialettico, “armonico” tra di essi..e cioè capire che occorre edificare una società in cui finalmente la soggettività si troverà e si sentirà a casa (uso dei termini sartriani) nel proprio mondo..nella propria attività oggettiva non solo perchè la fa concretamente e ne è pienamente cosciente, ma perchè si ritrova creativamente, umanamente in essa..ponendo fine alla millenaria scissione tra forma e sostanza, anima e corpo, ragione e sentimento, utopia e realtà..Una risoluzione che da sempre l’uomo ha cercato in un mondo al di là o di perfezione sociale (basti pensare ai socialisti utopisti o a Thomas More o Campanella), in realtà attiva, operante, già presente e possibile oggi..Occorre solo, come diceva Marx, togliere le catene che imbrigliano le energie e le infinite potenzialità dell’uomo storico..dell’uomo totale di cui parlava Trotskij..
Solo in un mondo liberato dal profitto e dal denaro la politica sarà politica con la P maiuscola,..gestione e amministrazione delle cose e non dominio di un uomo sull’altro uomo..in cui sarà finalmente al suo posto e non si sentirà più estraniato da sé.
Tutto questo può sembrare riflessi incondizionati di un vecchio Ottocento..e invece no. Questa crisi economica e finanziaria ci pone davanti agli occhi un modello di sviluppo (e non di progresso come distinse benissimo Pasolini) inabile, incapace ed inetto..irrazionale e contraddittorio che distrugge invece di creare, uccide invece di dare la vita. La sfida oggi è proprio quella di riappropriarsi della politica come “bene comune”..come strumento attraverso cui ridare senso, parola-significato a tutto ciò che ci circonda..
“un apprezzamento a Claudio per l’articolo – solo un sospetto – ma la lega nord non era il nuovo che avanza? Berlusconi l’antipolitico non era il nuovo che avanza? e ora Grillo è il nuovo che avanza? e se poi si scoprisse che è il vecchio che ritorna, come per lega e Berlusconi? io non lo escluderei”
Infatti è un rischio che ho paventato anche nell’articolo. Per molti aspetti, anche emotivi, il movimento 5 stelle ricorda la prima lega nord..Occorrerà vedere, come dici tu, se “questo nuovo” non è altro che l’ennesima manifestazione di un vecchio che non muore, non passa mai. Ma solo la prova dei fatti ce lo saprà dire e ne studieremo i riflessi politici oggettivi. Dobbiamo aspettare e per una volta non fare i kantiani giudicando puramente a priori..processi in divenire estremamente complessi. Come ho scritto, il movimento 5 stelle non può essere confuso col suo altoparlante (che gli ha dato corpo e voce) e in secondo luogo è una realtà dialettica..introduce una radicalità e orizzontalità democratica davvero inedita e rivoluzionaria in Italia (che azzardo neanche il PCi aveva mai osato tentare) e pone all’ordine del giorno temi e questioni davvero “politiche” nel senso più alto e classico del termine, cioè che riguarda la polìs nel suo insieme,..,e cioè tutti noi..Introduce un senso di responsabilità e di impegno collettivo come toccasana ed antidoto all’individualismo e alla stagnazione. Tutto questo ovviamente, a prescindere dall’adesione o meno ai temi e alle loro battaglie..Diciamo che è una forma “sana” (uso un termine biologico-naturale che può sembrare fuori luogo) che travalica, trabocca le manifestazioni oggettive stesse con le quali potranno realizzarla. E’ un invito morale, ideale..a tornare a fare la politica a partire dai cittadini attivi e dai loro bisogni..Vedremo, ripeto, se tutta questa pura idealità saprà fare i conti col principio di realtà di cui parlavo…
Troppe cose scontate e già sentite: Grillo darebbe vita alla democrazia partecipata… Tutti gli altri partiti invece no… Ma l’autore ha mai frequentato un partito (di quelli brutti per Grillo) con le sue decine di militanti, che fanno attività politica, gente normale, di ogni giorno, che parte dal basso? Sembra che i grillini siano i “normali” i famosi “uomini qualunque”, mentre gli uomini che stanno negli altri partiti, sarebbero persone fittizie, irreali, a-normali, che non sono là in basso… Ma che cosa vorrebbe mai dire? Mi pare una sorta di razzismo al contrario. Ad ogni modo un conto è criticare un sistema partitico che si è chiuso in se stesso e che ha posto la gerarchia (la gloria direbbe Agamben) come suo culmine: il che è sacrosanto. Un altro è fregarsene altamente delle migliaia di cittadini reali, dal basso, che partecipano a quel partito, lo formano, lavorano per esso, militano, ecc. La vulgata del M5S è che i grillini sono tanto bravi, mentre il loro leader è il gerarca cui si potrebbe rinunciare. E per un partito normale non vale lo stesso? Tanta brava gente eppure una dirigenza cui i militanti farebbero volentieri a meno?L’autore dice che il M5S sarebbe la vera rivoluzione italiana. Forse non conosce “Il fronte dell’uomo qualunque” di Giannini, e si parla del 1946 !!! Forse non conosce Berlinguer e “La questione morale” e ancor prima le lotte dei Radicali contro la corruzione politica!!! Forse non conosce la Lega delle belle origini che sparava sui politici ladroni, corrotti e mafiosi: poi si sa dove è finita!!! Forse non sa che i partiti di massa italiani erano e nascevano come movimenti di gente, reali, dal basso. Forse lo sa ma non vuole dirlo. Perché spesso nel M5S si tace molto sulla sua reale costituzione interna. Un intero articolo senza una sola parola su Casaleggio e co. non è obiettivo a mio parere ed è tendenzioso. Perché la Casaleggio influenza la gente tramite internet: è questo il suo scopo.Perché la Casaleggio è legata a gruppi finanziari e banche discutibilissime. E anche qui, a ben guardare, ci sono quindi i soldi, la commistione indecorosa tra politica e finanza. E infine perché la Casaleggio propone filmatini New Age sul futuro della terra quando tutti saremo felici e contenti e Gaia avrà ritrovato il suo equilibrio energetico. Wow!!! Concludo dicendo che forse il M5S è una boccata d’aria per l’Italia, perché sta dando uno scrollone a qualcosa che non voleva essere toccato. Ma è soltanto UNA boccata, nulla di più. E non si può vivere con una sola boccata d’aria. Sta a noi capire il messaggio di Grillo, le sue critiche più che giuste, ma per superarlo (trovo infatti sterile la mera critica che i vari partitoni stanno facendo a Grillo, dovrebbero imparare e non sdegnarsi, e anzi, mi preoccuperei vedendo che un Berlusconi si sta attrezzando per fare il Grillo della destra). Proporre una reale forza politica capace di difendere i cittadini è la vera sfida e non affidarsi ancora a urlatori populisti come l’Italia conosce fin dai tempi più antichi. Il senato romano in mano ai retori non è certo cosa nuova. Cicerone insegna.
Caro Jacopo, comprendiamo e condividiamo perfettamente il senso del tuo commento; l’unico problema è che non sappiamo quale articolo abbia letto tu, visto che non si applica a questo, che riteniamo abbastanza obiettivo proprio nell’elencare aspetti positivi e negativi del Movimento 5 Stelle. Non vediamo inoltre scritto da nessuna parte che il Movimento 5 Stelle sia “la vera rivoluzione italiana”, così come il riferimento ad un necessario distinguo fra il leader (in questo caso il Grillo gridanciano e grandguignolesco) e i militanti crediamo sia palesemente valido anche per tutti gli altri partiti politici, dei quali si critica, evidentemente, il verticismo burocratico malato.
Vettraino ci sembra scriva in sostanza le stesse cose che dici te; non occorre specificare che il blog non appartiene al Movimento 5 Stelle così come non vi appartiene l’autore. Pertanto, respingiamo le accuse di tendenziosità in toto: se proprio dobbiamo dirtela tutta, noi della Redazione Grillo proprio non lo sopportiamo; nel nostro caso, un articolo tendenzioso avrebbe dovuto al limite massacrarlo!
Per quanto riguarda la questione Casaleggio, la sua critica è implicita nell’analisi del potere della rete, ed è cosa nota molto più di quanto pensi, talmente nota da essere a prova di google.
forse ho esagerato, ma, cito “la sinistra, o buona parte di essa, sbaglia, o meglio, fa un errore di valutazione, di calcolo, nel ridurre la portata storica di un movimento, che ha davvero del rivoluzionario in Italia”… questo l’ha scritto l’autore, non io… ergo la mia critica…
su casaleggio dissento: la gente normale non sa neanche chi è… e anche tanti che si trastullano con internet… non hai idea a quanti ho dovuto spiegarlo e questi nemmeno mi credevano… non dare per scontato ciò che per noi cybernauti doc e acculturati è ovvio… per molti altri non lo è…
cmq nel caso avessi offeso, chiedo scusa, ultimamente sono incazzato col mondo, che strano, no? ahahah
la faccenda è preoccupante e interessante da capire. ma a essere per me inquietante è che la risposta a tutto ciò sia proporre saviano come capofila di un movimento-partito personalistico alternativo. bisognerebbe riscrivere le voci di enciclopedia della parola “politica”, “democrazia”, “rappresentanza”, “partecipazione”. abbiamo bisogno di capipopolo per muoverci? della guest-star? non so se è chiaro cosa intendo. non era in crisi il postmoderno? significherebbe l’egemonizzazione della politica da parte della comunicazione di mercato. stiamo ancora al carisma e alla visibilità? è come una moda: ci si propone un modo, una soluzione che rischia di essere preconfezionata: il programma dall’alto, altro che elaborazione dal basso. spero di essermi spiegato
forse così mi spiego meglio: il leader non è più l’emanazione di una elaborazione politica comune ma è colui che col suo carisma garantisce una certa politica. si, un marchio di garanzia. e allora la politica cambia repentinamente di senso (di marcia!). i militanti di questa nuova partecipazione politica sono il frutto, il prodotto della cultura di mercato dove conta l’immagine, l’appeal, la stima . . l’identificazione
La trascrizione inglese, leader, ripulisce l’estraneità del lemma comandante, e giù qui l’identificazione verrebbe a cadere, visto la presenza di qualunquismo nel dna italiano. Si batte il petto quando si parla di mercificazione della politica, eppure l’ipocrisia del qualunquismo (ripetizione versata sul ricordo del partito dell’Uomo qualunque post bellico) è ancora ben vitale visto che le sezioni di qualunque partito sono spesso vuote se non assenti a differenza dei comodi divani fuori dei plasma salottieri.
La politica è diventata l’estraneo dell’estraneo, come il rom che da fastidio solo a tenerlo vicino, ma quale partecipazione?